Una vita accanto gli ultimi: Suor Maria Goretti e Badia Grande

TRAPANI. “Il mondo esorta a prendere, il Cristo ti invita a perdere”, così Sant’Agostino commentava il Vangelo. Perdere tempo, denaro ed energie, per darle agli altri, è il compito della Fraternità “Servi di Gesù Povero”, coordinata da Suor Maria Goretti. “Gesù povero – ci spiega Suor Maria –  non è uno slogan pubblicitario per dare visibilità a una realtà ecclesiale, ma bisogna intendere “povertà” come verbo eterno del Padre”. E’ una comunità che esiste per chi non esiste, per chi ha perso il sorriso, per chi non trova più la strada giusta, per chi ha perso la speranza, per chi è considerato invisibile da quella stessa gente che si autodefinisce normale. Dove sta la normalità? Chi è realmente povero? “Il modernismo – dice Suor Goretti – è una delle peggiori povertà”. Di origini palermitane, si trasferisce a Trapani nel 2003. “Nel 2005 ho conosciuto Eric – dichiara la responsabile della Fraternità – un barbone bisognoso di assistenza medica. Il centro di Badia Grande, dove lavoravo in quel periodo, non funzionava per i senzatetto, ma solo per gli extracomunitari. Poco dopo si è presentato un altro clochard ed ho così capito di avere bisogno di un centro di accoglienza. Ho subito parlato con il vescovo Miccichè, il quale mi ha dato un locale all’interno della chiesa dell’Itria per accogliere i primi bisognosi”. Nella sede di Badia Grande è stato ricavato un dormitorio per gli uomini, mentre nella Chiesa dell’Itria si accolgono solo donne in difficoltà. Per un periodo sono state usate anche le roulottes, ma l’idea di questo tipo di accoglienza è stata abbandonata quando uno di questi camper ha preso fuoco. “Chiunque può venire a trovarci a Badia Grande – continua la responsabile – dove abbiamo un piccolo ambulatorio e un centro di ascolto per chi ha necessità di parlare. Offriamo, inoltre, delle visite a domicilio, scoprendo realmente ciò di cui hanno bisogno le famiglie. Notiamo in un quaderno le cose da fare e programmiamo degli interventi con l’aiuto di volontari”. Da poco la comunità ha ottenuto la concessione di un cortile, adiacente la loro casa di via Orfani, da usare come luogo dove organizzare feste ai bambini della comunità, ma anche dove poter stendere i panni, non disponendo di altri luoghi all’aperto. Abbiamo chiesto a Suor Maria quali sono i progetti futuri. “Abbiamo il desiderio di poter avere una sede in Congo. Noi viviamo solo di provvidenza, per cui dobbiamo realizzare i progetti con calma e con cognizione. Nella mia vita religiosa – conclude Maria Goretti – ho sempre vissuto con i poveri e non mi è mai mancato nulla. Le case che usiamo non sono nostre, bensì della diocesi. Come i nostri poveri possiamo dire di non avere un tetto di proprietà. Non possedere edifici è una delle nostre regole, perché non vogliamo legami. Quando decideremo di andare in un altro paese, restituiremo ciò che non è nostro. È una scelta che ci rende liberi”.

Pietro Vultaggio