Sono accusati di aver passato notizie riservate su alcuni mafiosi trapanesi dell’entourage del boss latitante Matteo Messina Denaro. Contestazioni pesanti per il tenente colonnello Marco Zappalà, un ufficiale dei Carabinieri in servizio alla Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, e per Giuseppe Barcellona, un appuntato dell’Arma che lavora alla Compagnia di Castelvetrano. Con loro – nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Palermo – è stato arrestato anche l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino, già condannato per traffico di droga e poi diventato un confidente dei servizi segreti: è accusato di aver fatto da tramite e passato al boss Vincenzo Santangelo la trascrizione di un’intercettazione fra due mafiosi trapanesi.
Una catena delle talpe scoperta dai carabinieri del Ros: il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi e l’aggiunto Paolo Guido contestano adesso le accuse di rivelazione di notizie riservate e accesso abusivo a un sistema informatico. Vaccarino risponde, invece, di favoreggiamento aggravato, dall’avere favorito l’organizzazione mafiosa. Ricostruzione accolta dal gip che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare.
Quello che si apre è uno scenario inquietante: quante altre informazioni riservate sull’indagine sono arrivate a Messina Denaro? E cosa si nasconde dietro gli uomini delle istituzioni accusati oggi di essere delle talpe? Zappalà faceva intendere di voler infiltrare Vaccarino in Cosa nostra, per avere informazioni. Di certo è stato Zappalà a passare notizie riservate: il 7 marzo 2017, ha incontrato Vaccarino nel cinema che gestisce a Castelvetrano e gli ha spedito per mail la fotografia dell’intercettazione ricevuta dall’appuntato Barcellona, mail intercettata dagli investigatori. Il giorrno dopo, Vaccarino ha incontrato Santangelo e passandogli il documento gli ha detto: “Con l’uso che sai di doverne fare e con la motivazione che la tua intelligenza sa che mi spinge”. Parole tutte da interpretare, sono state intercettate anche queste grazie alla microspia piazzata nell’auto dell’ex sindaco di Castelvetrano.
Il tenente colonnello Marco Zappalà era ritenuto fino a ieri uno degli investigatori più fidati dell’antimafia, si era anche occupato delle indagini riservate sulle stragi Falcone e Borsellino. Questa mattina, sono stati i suoi colleghi della Dia di Palermo ad arrestarlo, in ufficio.
L’appuntato Barcellona aveva anche lui un lunga esperienza di indagini antimafia, era incaricato di seguire alcune delicate intercettazioni disposte dalla Procura di Palermo, proprio una di queste è stata rivelata in tempo reale ai clan.
L’ex sindaco di Castelvetrano Vaccarino era stato ingaggiato dal Sisde, allora diretto dal generale Mario Mori, per la più riservata delle operazioni. Per qualche tempo, aveva intrattenuto una corrispondenza fatta di pizzini con Messina Denaro. “Per provare a giungere alla sua cattura”, disse lui ai magistrati di Palermo quando lo indagarono per concorso esterno in associazione mafiosa dopo averlo intercettato casualmente nel corso delle indagini sul latitante. I servizi segreti confermarono. “E’ un nostro infiltrato” e l’inchiesta fu archiviata.
Adesso ci si chiede se davvero, nel 2007, Antonio Vaccarino aveva lavorato per lo Stato o se faceva il doppiogioco per alimentare i suoi contatti con Messina Denaro. Eventi che vanno letti alla luce della condanna a 12 anni inflitta a Mario Mori, oggi generale del Ros in pensione, nel processo sulla trattativa Stato-mafia. La trattativa che dopo l’uccisione di Giovanni Falcone, tre ufficiali del Ros (Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, tutti condannati) avrebbero messo in campo con l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino: “Per fermare le stragi”, hanno sempre sostenuto loro. “Invece – è la tesi dell’accusa – fecero da tramite fra le richieste di Riina e lo Stato”. Il processo d’appello inizierà il 29 aprile.
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