Sospesi i colloqui alla Casa Circondariale di Trapani, protestano i familiari rimasti fuori dal carcere

“Paura coronavirus, carceri sovraffollati, amnistia, indulto”, queste le parole della protesta, affidata ad alcuni striscioni collocati davanti all’ingresso della Casa Circondariale di Trapani dove, da oggi e fino al 3 aprile, sono stati sospesi i colloqui dei detenuti con le famiglie.

La protesta di chi si era presentato oggi per incontrare un familiare detenuto è scoppiata quando è stata comunicata la nuova disposizione assunta in ottemperanza a quanto disposto dal governo nazionale per contrastare la diffusione del virus.

È comprensibile che, sia per chi è “dentro” sia per chi è fuori si tratti di un disagio e di una sofferenza che si va ad aggiungere a quella, pur meritata, della limitazione della libertà. Ma, in momenti come questo, tutte le misure per evitare che il carcere diventi l’incubatore perfetto di una pericolosa epidemia devono essere prese, a tutela della salute dei detenuti, dei poliziotti penitenziari – un agente contagiato nel carcere di Vicenza è ricoverato in gravi condizioni – e di tutto il personale che vi opera.

Al carcere trapanese, oggi pomeriggio, oltre al comandante della Polizia Penitenziaria, Giuseppe Romano, e ai suoi uomini, erano presenti anche pattuglie dei Carabinieri con in testa i comandanti della Compagnia di Trapani e del NORM. Ai parenti dei detenuti è stata spiegata la situazione e questi si sono poi allontanati senza creare particolari problemi di ordine pubblico.

Alla Casa Circondariale “Pietro Cerulli” si stanno, quindi, organizzando per aumentare il numero dei pc – al momento solo uno – da cui è possibile effettuare le videochiamate con il sistema Skype e incrementare il numero di telefonate a disposizione dei detenuti per mantenere i contatti con le famiglie.
Al momento, nell’Istituto penitenziario cittadino, sono ristretti poco meno di 600 uomini.

L’aria che si respira non è, certamente, delle migliori e ci si augura che nel carcere trapanese non accada ciò che è successo ieri in quello di Salerno dove i detenuti, alla notizia della sospensione dei colloqui, hanno dato vita ad una violenta rivolta, rientrata solo a tarda sera, e oggi nelle carceri di Modena, Frosinone e Napoli.

Come ha dichiarato Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione nazionale Antigone: “Un contagio in carcere, dove gli spazi sono limitati e c’è una totale promiscuità fra detenuti e personale penitenziario potrebbe trasformarsi in una catastrofe”.

L’associazione ha chiesto al governo nazionale di adottare una serie di provvedimenti urgenti: aumentare la possibilità di telefonate a 20 minuti al giorno a fronte degli attuali 10 minuti a settimana, utilizzando anche Skype; prevedere misure di detenzione domiciliare e affidamento per chi abbia una pena residua limitata e abbia avuto un percorso penitenziario positivo.

“E’ fondamentale – dice Gonnella – diminuire il sovraffollamento penitenziario in questa fase e, per chi rimarrà in carcere, garantire dei contatti costanti con i famigliari. E’ importante inoltre che i detenuti siano messi a conoscenza di quanto sta accadendo, altrimenti il rischio è che si possano creare disordini”.