Disposta dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani la restituzione dei beni – per un valore di oltre 6 milioni di euro – sequestrati nel marzo 2016 agli imprenditori edili trapanesi Nicolò, 73 anni, e Salvatore Candela, 52 anni, zio e nipote.
Si tratta – come riporta un articolo di Marco Bova apparso stamane su Repubblica.it – di sei società, oltre cento conti correnti e svariati beni mobili e immobili. Secondo i giudici non può considerarsi raggiunta la prova dell’illiceità riguardo alle modalità con cui i due hanno accumulato il loro patrimonio.
In occasione del sequestro, gli inquirenti avevano ricostruito i legami dei Candela – nel triennio 1999-2001 – con Tommaso Coppola, ritenuto dagli inquirenti ai vertici della mafia trapanese ma poi assolto da ogni accusa, e i loro rapporti con la famiglia di Vincenzo Virga, boss di Trapani arrestato nel 2001.
Secondo i giudici “l’inserimento dei Candela nel comitato affaristico mafioso consente una piena attribuzione nella categoria di imprenditore mafioso” ma “non vi è prova che tale ‘partecipazione mafiosa all’impresa’ sia proseguita in epoca successiva al lontano 2001”.
Nel 2009 il nome di Salvatore Candela era emerso tra i “pizzini” sequestrati ai latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo perche assieme al padre – dopo aver realizzato dei lavori all’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo – erano stati vittima di alcune estorsioni, tanto che il Fondo di rotazione per le vittime di mafia gli riconobbe 50 mila euro.
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