Rese note le motivazioni con cui, lo scorso 8 settembre, il Tribunale del Riesame di Palermo ha annullato la misura cautelare del divieto di dimora a Erice e Trapani disposto nei confronti della sindaca di Erice Daniela Toscano, indagata dalla Procura di Trapani per abuso d’ufficio con il fratello Massimo Toscano, consigliere comunale a Trapani.
Secondo i giudici “le argomentazioni poste a fondamento dell'”intenzionale vantaggio patrimoniale procurato (al soggetto cui l’autorizzazione fu rilasciata, la A.GI.R. Service, di cui il fratello della sindaca era socio occulto) non appaiono sufficientemente convincenti, in particolare nella dimostrazione, anche solo in termini di probatìo minor, della natura ingiusta di questo vantaggio”.
Gli inquirenti contestano alla sindaca di aver procurato “alla società, cioè alla A.GI.R. Service, e non anche a terzi soggetti, un ingiusto vantaggio patrimoniale” ma “nel caso di specie – rileva il Riesame – è opportuno considerare che non è in alcun modo ipotizzata l’illegittimità dell’autorizzazione rilasciata alla società A.GI.R. Service, posto che tutti i funzionari sentiti a sommarie informazioni testimonial hanno confermato la conformità a legge del provvedimento favorevole; non è adeguatamente dimostrato che l’accelerazione impressa al procedimento abbia prodotto un risultato contrario alle regole (o anche alla prassi) adottate dal Comune; non vi è evidenza di una macroscopica o comunque rilevante anticipazione dei tempi rispetto ad analoghe pratiche amministrative; la celere definizione del procedimento, considerata la necessità di predisporre per la stagione estiva, adeguate aree di parcheggio nei pressi del litorale, appare supportata da un interesse pubblico, e non invece ispirata alla sola intenzione di strumentalizzare la funzione per fini privati”.
“In generale – si legge nella motivazione – a prescindere dalle norme di legge e dalle ragioni di opportunità che avrebbero certamente dovuto indurre la sindaca a non intromettersi nella pratica in questione, appare problematico discutere, in termini fattuali e dogmatici, di ingiusto vantaggio da ‘definizione accelerata di un procedimento’, tenuto conto del fatto che non è previsto un termine minimo di durata, che nessun controinteressato è stato pretermesso e che tutte le articolazioni amministrative, chiamate ex lege a partecipare, hanno preso parte all’iter. Inoltre, nonostante gli approfondimenti investigativi abbiano concentrato l’attenzione sul diverso ‘trattamento’ che sarebbe stato riservato ad altre due istanze analoghe, dirette ad ottenere l’autorizzazione alla gestione di parcheggi all’aperto su aree private adiacenti al litorale, le risultanze dell’indagine non appaiono univoche“.
I giudici ripercorrono tutti i passaggi dell’iter della procedura finita sotto accusa e quelli delle analoghe istanze presentate da altri due soggetti e non riscontrano elementi da cui si possa dedurre “in concreto, la effettiva deviazione delle funzioni pubblicistiche a fini meramente privati (posto che, fra l’altro, la sindaca aveva mostrato attenzione per l’altra pratica presentata nello stesso periodo e in relazione alla quale aveva organizzato un tavolo tecnico), né tantomeno l’esistenza di un sistema di gestione dissennato o ‘clientelare’ delle richieste amministrative di autorizzazione all’apertura di parcheggi”.
Per i giudici, inoltre, sempre per questi motivi, “vanno esclusi i gravi indizi di colpevolezza per il reato di calunnia. E’ infatti verosimile – affermano – che l’indagata, ritenendo il comportamento dell’amministrazione locale, da lei rappresentata, conforme al diritto e all’interesse pubblico, si sia sentita danneggiata e diffamata dai contenuti delle dichiarazioni rese da Luigi Manuguerra, formulando una denuncia nei confronti dell’esponente politico”.