Sta destando preoccupazione e indignazione, in città, la vicenda, portata alla luce da qualche giorno dall’associazione Erythros e da alcuni “addetti ai lavori”, riguardante il restauro della facciata del palazzo delle Poste centrali di Trapani. I fregi, realizzati tra il 1926 e il 1927, sono destinati ad essere elimianati per essere sostituiti con copie in polistirene. Una delegazione dell’associazione, nata sull’esperienza del Comitato pro Eritrine, si è recata venerdì scorso negli uffici della Soprintendenza di Trapani per chiedere lumi al dirigente che ha autorizzato questa tipologia di intervento ma l’incontro non si è realizzato. I cittadini ci riproveranno nei prossimi giorni per ottenere di conoscere le motivazioni e i criteri alla base di tale scelta.
Anche l’Ordine degli Architetti di Trapani, con il suo presidente Vito Maria Mancuso, ha chiesto chiarimenti e, per quanto riferito sui social, non ha ancora ricevuto risposta.
L’immobile è uno dei palazzi Liberty più importanti di Trapani e della Sicilia occidentale. Il progetto, del 1924, è dell’architetto trapanese Francesco La Grassa, allievo di Ernesto Basile. La preoccupazione diffusa tra gli addetti ai lavori e i cittadini trapanesi più sensibili a questi temi è che, in questo modo, si perdano irreparabilmente gli ornamenti originali ancora recuperabili.
“Saremo tutti molto sollevati – ha scritto sulla pagina Facebook di Poste Italiane l’archietetto Vito Corte – se la dirigenza delle Poste ci rassicurasse che il magnifico edificio verrà restaurato come merita, ovvero a regola d’arte, e non sarà oggetto di nessuna grossolana e sciatta attività di messa in sicurezza derivante magari da difettosa manutenzione che, per naturale vetustà, determina distacchi e rovina al suolo di parti decorate. Personalmente – prosegue Corte – ed a nome del direttivo di Italia Nostra sezione di Trapani, insieme con Rosellina La Commare e Totò Pellegrino, di WISH (World International Sicilian Heritage) auspico il miglior risultato possibile, pur lamentando l’irreparabile perdita di elementi di pregio, frutto dell’ingegno e della manualità artigiana ed artistica de tempo: perdita non certamente compensabile con dei calchi posticci”.
“Se passa il messaggio che ogni opera dell’ingegno e della manualità artistica possa essere clonato da un laser scanner e da una macchina a controllo numerico – prosegue Corte – siamo perduti. La nostra ricchezza immateriale è data dall’artigianato artistico, i cui processi di recupero sono codificati dalla carta del restauro e dalle procedure in atto presso gli istituti che si occupano di tutela e salvaguardia dei beni culturali. Un fregio, una cornice, una voluta in pietra da intaglio o in legno o in intonaco non sono belli in sè ma lo sono in quanto risultato di tale artistica manualità. Dobbiamo sforzarci di far capire questo perché il rischio della Disneyland è dietro l’angolo!”.
Ecco l’intervista all’architetto Vito Corte che abbiamo realizzato nella quarta edizione del #trapanisìgierre di martedì 9 agosto 2019:
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Sull’argomento è anche intervenuta la deputata Palmeri (M5S)