Dal ring alla corsia nella battaglia contro il coronavirus, la storia di Federica Donato

Il jab è un colpo, un diretto nella boxe e nel kickboxing. All’Ospedale Maggiore di Parma, però, è diventata una moda tra gli infermieri. La “colpa” è di una trapanese, Federica Noemi Donato, infermiera con la passione per il body combat, un mix di arti marziali.

Federica è una giovane di 26 anni che sta vivendo l’emergenza in prima persona, fianco a fianco con i suoi colleghi: c’è bisogno di sorridere ogni tanto. Anche durante un turno alle tre di notte. Perché quel saluto così strano strappa un sorriso.

“Visti così possono sembrare dei pugni o dei jab – spiega – ma in realtà erano le 3:30 di un turno scomodo, scomodo ormai in tutti i sensi perché vestiti da “omino Michelin” non ci si sopporta più, ma in realtà qui di pugni c’è ben poco… Dentro ci sono solo jab che si trasformano in abbracci virtuali che, a loro volta, si trasformano in forza, coraggio e in un gran volersi bene”.

Federica Noemi Donato ha studiato a Parma e si è laureata tre anni fa. Fa parte della ampia colonia di Trapanesi fuori sede in Emilia. Negli ultimi anni ha lavorato in diversi reparti: Rianimazione a Carpi e, adesso, a Parma nel reparto dedicato ai malati di Covid-19.

Una realtà molto difficile. “È pesante sotto tanti punti di vista – afferma la giovane trapanese – però noi non possiamo permetterci di perdere la lucidità e, quindi, bisogna trovare il proprio modo, la propria strategia per affrontarla al meglio”.

Una esperienza che Federica, così come i numerosi suoi colleghi, non dimenticherà. “Siamo umani, non siamo robot e questo vuol dire avere paura. Paura di contagiare i propri cari a casa, ma anche quella di ammalarti tu. Vuol dire piangere in determinate situazioni, quando magari colui che non ce l’ha fatta potrebbe essere tuo padre o tuo nonno”.

È l’emotività di una 26enne qualsiasi che si trova, suo malgrado, a combattere contro qualcosa di enorme ed è palese: sta tutto qui, nel suo pianto. “Lo fai in silenzio perché anche quando è dura devi essere forte per gli altri e per te”.

È una lezione quella di Federica, è l’enfatizzazione delle virtù umane. “Nel nostro lavoro si è ‘abituati’ a vedere la gente star male, ma qui cambiano le modalità e le condizioni. Non ci sono familiari per dare supporto e coraggio, questi pazienti hanno solo noi e a noi chiedono di restare con loro perché sanno che sarai l’ultima persona che vedranno prima di spegnersi, non c’è fiato per niente: neanche per salutare una moglie al telefono. In alcuni momenti ti senti impotente davanti a un virus che galoppa senza sosta”.

Federica ora deve portare tutta la sua forza sopra quel ring, nella speranza che possa tirare un gancio a questo virus che ci costringe, giorno dopo giorno, a cambiare la nostra vita.

Francesco Tarantino

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