Operazione “Sorella Sanità”, Damiani non risponde al gip

Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere il direttore generale dell’Asp di Trapani, Fabio Damiani, e l’imprenditore agrigentino Salvatore Manganaro comparsi ieri davanti al gip del Tribunale di Palermo Claudia Rosini.

Damiani e Manganaro sono tra gli otto arrestati nell’operazione “Sorella Sanità” della Guardia di Finanza di Palermoinsieme ad altre persone tra cui l’ex direttore generale dell’Asp 6 di Palermo Antonino Candela.

Gli interrogatori di garanzia di Damiani e Manganaro si sono svolti nel carcere “Pagliarelli” di Palermo dove i due sono reclusi dal giorno dell’arresto. Oggi saranno sentiti gli altri otto indagati finiti ai domiciliari, fra cui Candela, uno dei personaggi chiave – insieme all’ex direttore generale dell’Asp di Trapani – dell’indagine coordinata dai sostituti procuratori Giacomo Brandini e Giovanni Antoci.

Candela, rimosso dopo l’arresto dal più recente incarico di responsabile della struttura siciliana contro il Covid-19, dovrà difendersi dall’accusa di avere intascato tangenti per favorire un’azienda negli appalti per la manutenzione degli apparecchiatura medicali. Secondo la ricostruzione dei militari delle Fiamme Gialle, gli indagati avevano creato un sistema di tangenti, “calcolate” nella misura del 5 per cento, su oltre 600 milioni di euro di appalti per la Sanità siciliana.

Proseguono, intanto, le attività per acquisire elementi utili all’indagine: ieri i finanzieri hanno sequestrato tutta la documentazione relativa agli appalti concessi dai due manager delle Asp di Palermo e Trapani. Su richiesta della Procura, inoltre, hanno eseguito perquisizioni negli uffici dell’Asp del capoluogo siciliano e dell’Assessorato regionale all’Economia, negli uffici della Centrale unica di committenza, sequestrando tutti i faldoni delle gare affidate negli ultimi anni. Si tratta di decine di avvisi pubblici passati per le mani di Damiani e Candela.

Ai due, al momento, vengono contestate quattro gare d’appalto, ma dalle intercettazioni è emerso l’interesse su “un bordello di progetti”. Il giorno del blitz i finanzieri hanno anche sequestrato il NAS, un hard disk professionale collegato in rete, nel quale il faccendiere Manganaro raccontava di custodire “tutta la nostra vita”. Durante le intercettazioni alcuni degli indagati hanno anche fatto riferimento a dei dossier su politici e altri dirigenti nominati dall’Assessorato alla Sanità e gli investigatori ritengono che anche questi potrebbero essere custoditi in questo archivio che sarà passato al vaglio dagli esperti informatici. Sarà eseguita una copia legale del contenuto in modo da poterla utilizzare ai fini processuali, garantendo le parti che nessun file è stato modificato dall’originale.