Operazione Scrigno, l’ex deputato regionale Paolo Ruggirello resta in carcere

Resta in carcere l’ex deputato regionale trapanese Paolo Ruggirello. Il gip di Palermo, infatti, ha respinto la richieste avanzate dai suoi legali che chiedevano la revoca o la sostituzione della misura cautelare attualmente applicata al politico che si trova recluso dal 5 marzo 2019, attualmente nel penitenziario di Santa Maria Capua Vetere.

Ruggirello fu arrestato, insieme ad altre 24 persone, dai Carabinieri nell’operazione “Scrigno”. In manette finirono il presunto capomafia di Trapani Francesco Orlando e i fratelli Francesco e Pietro Virga, figli del defunto capo mandamento Vincenzo Virga, arrestato da latitante nel 2001.

Sull’istanza presentata dai difensori dell’ex deputato regionale anche i pm della Dda (aggiunto Paolo Guido, sostituti Gianluca De Leo e Claudio Camilleri) avevano espresso parere negativo nel corso dell’udienza preliminare a seguito della quale il politico trapanese è stato rinviato a giudizio per associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso. La prima udienza del processo è fissata per il prossimo 8 aprile.

«Non costituisce elemento di novità valutabile in senso favorevole all’imputato, l’intervenuto decreto di rinvio a giudizio adottato dal gup di Palermo», scrive il gip Filippo Serio. Nell’ordinanza il gip ha ripercorso le precedenti richieste dei legali dell’ex deputato regionale, anche in relazione ad un interrogatorio reso da Ruggirello e non considerato soddisfacente dai pm.

Secondo l’accusa Ruggirello avrebbe mantenuto contatti con le famiglie mafiose trapanesi, soprattutto in occasione delle elezioni regionali del 2017 in occasione delle quali avrebbe promesso 50 mila euro ai capi della famiglia mafiosa di Trapani, di questi soldi sarebbe stata effettivamente versata solo una parte.

 

 

 

L’ex deputato regionale del PD, il trapanese Paolo Ruggirello resta in carcere. Il gip di Palermo ha infatti respinto la richieste avanzate dai suoi legali che nel corso dell’ultima udienza chiedevano «la revoca o la sostituzione della misura cautelare attualmente applicata» al politico che si trova in carcere ormai dallo scorso 5 marzo 2019. Arrestato dai carabinieri nel blitz antimafia “Scrigno” operazione che ha disarticolato le famiglie mafiose di Trapani, Paceco e Marsala e fatto scoprire una cosca anche sull’isola di Favignana, Ruggirello dallo scorso mese di luglio si trova detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Assieme a lui furono arrestate altre 25 persone, tra cui il presunto capomafia della città Francesco Orlando e i fratelli Francesco e Pietro Virga, figli del boss Vincenzo Virga, arrestato da latitante nel 2001. Anche i pm della Dda, l’aggiunto Paolo Guido e i sostituti Gianluca De Leo e Claudio Camilleri, avevano espresso parere negativo all’istanza presentata dagli avvocati Carlo Taormina e Vito Galluffo, all’ultima udienza in cui il politico è stato rinviato a giudizio per associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso e il cui processo inizierà il prossimo 8 aprile a Trapani. «Non costituisce elemento di novità valutabile in senso favorevole all’imputato, l’intervenuto decreto di rinvio a giudizio adottato dal gup di Palermo», scrive il gip Filippo Serio. Nell’ordinanza il gip ha ripercorso le precedenti richieste dei legali dell’ex deputato regionale, anche in relazione a un interrogatorio reso da Ruggirello e non considerato soddisfacente dai pm.

Davanti ai magistrati nel novembre scorso l’ex deputato aveva ammesso di aver incontrato il boss trapanese Piero Virga, sostenendo di non aver saputo, prima dell’incontro, che il capomafia sarebbe stato presente. L’incontro avvenne poco prima delle regionali del 2017, l’ex deputato Paolo Ruggirello davanti ai magistrati ha sostenuto che fu un incontro a sorpresa, preparato da un conoscente che gli aveva promesso di presentagli una persona che poteva aiutarlo in campagna elettorale. “Quando capii che era Virga era troppo tardi per allontanarmi”, aveva detto ai magistrati Ruggirello.

«Virga mi chiese 50 mila euro per affrontare la campagna elettorale, mi ricordo che promise 1000 voti dietro il pagamento di 50 mila euro. E io accettai, ma solo per potermi allontanare da quel luogo». «Rispetto al quadro cautelare consolidato – scrive ora il Tribunale – nessun elemento di novità ha invero prospettato la difesa che si è limitata a sollecitare una, inammissibile, rivisitazione dei medesimi fatti ed elementi già passati al vaglio dei numerosi giudizi cautelari celebrati innanzi al Tribunale del Riesame di Palermo ed ormai coperti da giudicato cautelare». Secondo l’accusa Ruggirello avrebbe mantenuto contatti con le famiglie mafiose trapanesi, soprattutto in occasione delle elezioni regionali del 2017, durante le quali avrebbe promesso 50 mila euro ai capi della famiglia mafiosa di Trapani.