“Mozione Antifascista”, Bica e Rallo non ci stanno: “Faremo ricorso al CGA”

Non si placano le polemiche. Dopo che il TAR ha rigettato la loro richiesta, Michele Rallo e Peppe Bica non ci stanno e annunciano il ricorso al CGA.

“Il TAR di Palermo ha respinto l’istanza di sospensione cautelare di un atto del Comune di Trapani, connesso alla nota vicenda dell’arredo urbano “antifascista”. Al riguardo, non si può non rilevare – con sorpresa – che il TAR si è limitato ad osservare che la dichiarazione richiesta dal Comune di Trapani «non appare illegittima risolvendosi la stessa nella dichiarazione di fedeltà dei richiedenti ai valori costituzionali e comunque nel rifiuto della violenza o delle minacce per fini politici». Nessuna articolo della Costituzione – affermano i due politici recentemente approdati a Fratelli d’Italia – o alcun altro concreto riferimento è stato citato a supporto dell’ordinanza, né alcuna specifica argomentazione è stata opposta alle numerose, precise, articolate obiezioni dei richiedenti: né in relazione alla violazione dei loro diritti costituzionalmente riconosciuti e garantiti, né in merito alla lamentata illegittimità delle disposizioni del regolamento in questione dal punto di vista strettamente giuridico-amministrativo”.

I due si concentrato anche sulle motivazioni del Tribunale Amministrativo Regionale. “Il TAR, peraltro, non sembra aver colto la fondamentale distinzione tra limitazione della manifestazione del pensiero (che caratterizzava il regime fascista) e il ben più grave divieto di avere un pensiero (che secondo i desiderata di alcuni dovrebbe caratterizzare il regime democratico). Che poi, se si volesse passare dalle astratte enunciazioni alla concretezza dei fatti, non si potrebbe non rilevare che strana assai sarebbe una Costituzione che si pretende essere antifascista, nel momento in cui essa accoglie una lunga serie di principi che appartengono inequivocabilmente anche alla eredità del periodo fascista. Ci riferiamo ai princípi della equitá sociale, della massima occupazione, della tutela del risparmio, della funzione sociale della proprietá privata e dell’impresa, della partecipazione degli operai alla gestione e alla ripartizione degli utili delle imprese, e di numerosi altri ancora: tutti principi tipici della prassi e della legislazione fasciste, e che sono stati accolti in pieno dalla Costituzione post-fascista (e non anti-fascista). Il TAR si è limitato a una generica presa di posizione, senza puntuali riferimenti di carattere legislativo, sposando la tesi di una parte politica. Peraltro, verrebbe da pensare che, avendo l’illustrissimo Tribunale Amministrativo Regionale accolto la singolare teoria che una dichiarazione di fede politica (oggi anti-fascista, domani anti-comunista, dopodomani anti-qualcosaltra cosa) possa essere richiesta per usufruire di uno spazio pubblico, lo stesso abbia messo in conto che una analoga dichiarazione di fede possa essere considerata essenziale – in un domani non sappiamo fino a quanto remoto – per la concessione di appalti pubblici, per la partecipazione a pubblici concorsi, o per qualsivoglia altra attività amministrativa”.

I due concludono affermando che “Potrebbe, per esempio, un giuramento di fede antifascista (o altrimenti “anti”) essere richiesto per diventare docente universitario o – chissà? – anche per diventare giudice di un Tribunale Amministrativo Regionale. Tutto ciò premesso, i sottoscritti comunicano che non intendono desistere, e che hanno dato mandato al loro legale, avvocato Augusto Sinagra, di avanzare formale appello al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana”.