Mafia, sequestrati beni per oltre 6 mln di euro a imprenditore di Castelvetrano

Eseguito stamane dagli uomini della DIA di Trapani il provvedimento di sequestro di beni, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani, nei confronti dell’imprenditore di Castelvetrano Nicolò Clemente, per cui è stata proposta anche la sorveglianza speciale di P.S., con obbligo di soggiorno, perché indiziato di appartenere a Cosa nostra.

I presupposti delle misure trovano fondamento nelle indagini svolte dalla DIA di Trapani, e coordinate dalla DDA di Palermo, per disarticolare la rete dei consociati più “vicini” al boss latitante Matteo Messina Denaro..

Clemente è stato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per partecipazione in associazione mafiosa e il relativo processo è tuttora in corso dinanzi al Tribunale di Marsala.
Il suo arresto e il sequestro dei beni eseguito oggi prendono le mosse dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia castelvetranese Lorenzo Cimarosa e anche da quelle di Giuseppe Grigoli, entrambi condannati in via definitiva come appartenenti alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, che hanno indicato in lui una delle più attive espressioni imprenditoriali di quel sodalizio mafioso, capace di infiltrare e condizionare il tessuto economico locale nei settori dell’edilizia pubblica e privata e nel commercio del conglomerato bituminoso per assicurare all’associazione significative risorse finanziarie.

Tratto caratteristico dell’operatività del mandamento mafioso di Castelvetrano è, infatti, la presenza, nel suo tessuto organizzativo, di mafiosi-imprenditori che hanno finito per soffocare ogni possibilità di libera esplicazione dell’iniziativa economica nel settore delle costruzioni edili e del calcestruzzo.

Il nucleo familiare di Nicolò Clemente è stato, da sempre – secondo gli investigatori – parte dello zoccolo duro dell’associazione mafiosa attiva a Castelvetrano. Il fratello Giuseppe, associato di primissimo rango e facente parte della cerchia più ristretta e fidata degli amici di Matteo Messina Denaro, è stato condannato per associazione mafiosa e per alcuni omicidi, commessi, in concorso, proprio con il boss latitante. Pericoloso killer di cosa nostra trapanese, Giuseppe Clemente esercitava l’attività imprenditoriale insieme al fratello Nicolò.

Dopo la condanna all’ergastolo, sempre Giuseppe, afflitto da crisi depressive, si è suicidato in carcere nel 2008, nel giorno del compleanno dell’amico Messina Denaro, scongiurando definitivamente il pericolo di poter cedere alla tentazione di collaborare con la giustizia, circostanza vissuta con grande timore dall’associazione mafiosa e dalla sua stessa famiglia.

I fratelli Clemente, Giuseppe e Nicolò, sono figli di Domenico Clemente, cugino dello storico capo mafia Giuseppe Clemente, condannato per essere stato capo decina della famiglia mafiosa di Castelvetrano all’epoca di Francesco Messina Denaro, padre del latitante Matteo.

Il legame storico tra queste due famiglie, all’interno del sodalizio mafioso, risulta anche di tipo imprenditoriale nella società “Enologica Castelseggio” s.r.l., attività costituita negli anni Ottanta (e oggi definitivamente confiscata), diretta espressione delle famiglie mafiose di Castelvetrano e strumento per riciclare il denaro di provenienza illecita. L’elenco dei soci, infatti, era del tutto sovrapponibile a quello dei più importanti rappresentanti delle famiglie mafiose di Castelvetrano.

Secondo gli inquirenti Nicolò Clemente, forte del suo rapporto diretto e privilegiato con Matteo Messina Denaro, avrebbe nel tempo sistematicamente partecipato, attraverso le proprie aziende, alla spartizione delle commesse nel settore delle costruzioni edili e del calcestruzzo, che avveniva all’interno di un circuito mafioso/imprenditoriale – del quale facevano parte, oltre a lui, gli imprenditori Giovanni Filardo, Giovanni Risalvato, lo stesso Lorenzo Cimarosa (tutti condannati definitivamente per associazione mafiosa) – attuata con il sistematico ricorso alla violenza e alla minaccia nei confronti dei committenti che non volevano piegarsi di fronte alla sua caratura mafiosa.

Dalle indagini è emerso come controllasse il territorio “…come quannu lu attu va pisciannu dunni va camminannu…” (come fa il gatto che urina per delimitare il proprio territorio), frase indicativa della volontà di esercitare la forza intimidatrice mafiosa affermata dallo stesso Clemente nel corso di un dialogo intercettato dagli investigatori.

A seguito di tali risultanze, il Tribunale di Trapani ha disposto il sequestro dell’intero compendio aziendale delle società Clemente Costruzioni  s.r.l., Calcestruzzi Castelvetrano s.r.l. e Selinos s.r.l., di numerosi terreni e fabbricati e di depositi bancari, per un valore complessivo stimato in oltre sei milioni di euro.

Guarda il VIDEO dell’operazione