Il giornalista trapanese Rino Giacalone è stato condannato per diffamazione per aver etichettato come “pezzo di merda” il capomafia di Mazara del Vallo Mariano Agate, pluricondannato, in occasione della sua morte.
La sentenza è stata emessa dai giudici della terza sezione della Corte d’Appello di Palermo che gli hanno inflitto 600 euro di multa.
Giacalone, inoltre, dovrà risarcire alle parti civili i danni morali quantificati in 500 euro ciascuna e rifondere alle stesse le spese processuali quantificate, per il processo di primo grado, in complessivi 1.400 euro, per il giudizio in Cassazione in 2.000 duro e per il giudizio in Appello in altri 2.500 euro complessivi oltre, per tutti i gradi, al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%.
La procuratrice generale Francesca Lo Verso aveva chiesto la condanna del giornalista a quattro mesi di reclusione.
“Aspetteremo le motivazioni della sentenza e presenteremo ricorso in Cassazione contro questa decisione che riteniamo inaccettabile”, ha l’avvocato Domenico Grassa, legale di Gie calone che, alla lettura del dispositivo, si è detto “frastornato, ma non cambio idea”.
Il procedimento era scaturito dalle denunce di Rosa Pace, vedova di Mariano Agate, capomafia di Mazara del Vallo deceduto per cause naturali nell’aprile 2013. In primo grado il giornalista era stato assolto dal Tribunale di Trapani ma, su ricorso presentato dalla procura (pm Franco Belvisi), il provvedimento è stato annullato dalla Corte di Cassazione nel novembre 2017.
Nell’udienza Giacalone è tornato a rendere spontanee dichiarazioni. “L’ho fatto, come è evidente, citando Peppino Impastato, attraverso il ricorso alla figura retorica della sineddoche: per criticare la mafia nella sua interezza, ho fatto incidentale riferimento a un suo componente”, ha detto il giornalista dinanzi la Corte presieduta dal giudice Dario Gallo.
Il processo ha ripercorso il curriculum criminale di Agate, componente della cosiddetta commissione regionale di Cosa nostra, condannato all’ergastolo per mafia, attivo nella raffinazione e nel traffico di sostanze stupefacenti e iscritto alla nota loggia massonica Iside 2. Alla sua morte, il questore di Trapani ne aveva vietato i funerali pubblici e anche il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, aveva rifiutato i funerali religiosi.
In quei giorni Giacalone, attraverso un articolo pubblicato sul portale Malitalia.it, aveva ricostruito i trascorsi di Mariano Agate affermando che la sua morte toglieva alla Sicilia la presenza di “un gran bel pezzo di m…”.
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