Le storie di Martina Failla e Simona Spada, siciliane che chiedono a Musumeci di poter tornare a casa

«Io penso che questo mese di maggio debba servire a monitorare la situazione, speriamo di arrivare a contagio zero. Penso che la blindatura debba restare per tutto il mese di maggio, anche se alcuni accessi sono consentiti per ragioni particolari non è una chiusura ermetica».

Le parole di Nello Musumeci sono chiare. Chiarissime. E sono anche una mazzata per i tantissimi studenti universitari che, in questo momento di stallo totale, avrebbero voluto tornare a casa in piena sicurezza.

Martina Failla è una content creator ed è laureata all’Accademia di Belle Arti di Brera. Negli ultimi anni è diventata una vera influencer con numeri altissimi sui social. Ma è anche una normale ragazza che vuole riabbracciare la sua famiglia.

«Vivo a Milano, in cui sono in quarantena dal 27 febbraio. Avevo percepito fin da subito il pericolo che si stava per incorrere, fin dal primo caso del virus in Italia. Nello stesso tempo in cui alcuni consideravano il mio un “panico esagerato”. E il virus, una “normale influenza”. Non ho preso un treno/aereo di mia spontanea volontà quel fatidico sabato in cui moltissimi fuori sede come me, presi dall’ansia, dalla paura (che ho vissuto pure io tra le mura della casa in cui vivo) decisero di tornare al sud, nelle proprie abitazioni, dalla propria famiglia. Come si dice: non sono “scesa”. Ancora era tutto poco chiaro. Mi sono detta: “Perché rischiare?!” In quel momento mi sono sentita di rimanere dove mi trovavo. In quel momento era più pericoloso, perché ancora non si sapeva completamente nulla, perché avevo paura di poter essere un’asintomatica e portare il virus ovunque.
Ora la situazione è che, dopo 60 giorni, io come altri che sono rimasti con tutte le difficoltà, soli e lontani dagli affetti, alcuni hanno perso il lavoro, altri vivono una condizione psicologica particolare, altri studiano o per lo meno ci provano, altri hanno problematiche che non dipendono da loro…. adesso NON CE LA SI FA PIÙ. Mi trovo senza lavoro stabile, perché, figurati, in Italia l’arte viene sempre alla fine, un affitto da pagare (a Milano), le bollette, sono categoria a rischio in quanto ho una malattia cronica e i miei coinquilini hanno ricominciato a lavorare, di conseguenza, è INEVITABILE il contatto».

Martina ha quasi 25 mila follower su Facebook e 20 mila su Instagram e attraverso i suoi post ha lanciato una richiesta diretta al presidente della Sicilia Nello Musumeci: quella di ascoltare i numerosi fuorisede che non possono rientrare a casa per la scelta della Regione.

«Qui non si vuole andare al sud per fare la vacanzina. Lo si vuole capire? Su Instagram conto 20.000 persone, e il 70% è del sud. Tra questi, i fuorisede. Persone che mi scrivono dicendo che non ce la fanno più, che hanno bisogno di tornare nelle loro abitazioni. Che non possono più pagare l’affitto, che non hanno più un lavoro, che i genitori non possono più aiutarli. È un momento buio, tutte le nostre sicurezze e obiettivi si sono sgretolati in un batter d’occhio, che cosa possiamo fare? Abbiamo almeno il diritto, adesso, di tornare a casa nostra. Ovviamente con tutte le conseguenze del caso: autodenuncia obbligatoria per chi torna e quarantena possibilmente lontano dai familiari. Adesso la situazione è cambiata, non è la stessa di due mesi fa, quando non si sapeva in quale angolo sbattere la testa. Adesso, si hanno le conoscenze e le possibilità per viaggiare in modo sicuro, se solo fosse possibile!
Proteggere i siciliani. Questo è il suo compito Nello Musumeci, no?! Bene. Siamo siciliani anche noi».

Ma quello di Martina non è l’unico grido d’allarme che abbiamo raccolto. Simona Spada, una giovane trapanese fuorisede a Siena, ha invitato una lettera aperta al presidente siciliano.

«Sono risalita in Toscana il 3 marzo 2020 ed appena il giorno seguente il Governo ha decretato la chiusura delle università. In quell’occasione non sono stata una persona vigliacca anzi, al contrario, piena di senso civico e così ho deciso di rimanere qui, senza fiatare e senza esitare, stando alle direttive nazionali. Ma ora sono stanca! Sono stanca di essere una delle poche che rispetta la legge. Non posso più stare zitta, sono troppo arrabbiata per farlo. Mi sento sfiduciata e presa in giro».

Simona rappresenta una qualsiasi ragazza siciliana che, come Martina, sente il peso della distanza.

«Il nuovo decreto prevede la possibilità di poter tornare nella propria residenza, ma esattamente può spiegarmi come potrei raggiungerla? Forse potrei mettermi a rotolare oppure volare con una mongolfiera… con scarsi risultati. Da giorni sto cercando aerei, navi, treni, autobus, noleggi con conducente per scendere e sinceramente non trovo soluzioni concretamente attuabili. Conosco a memoria le voci degli operatori di FlixBus, Alitalia, Ryanair, Ferrovie dello Stato e noleggi vari e le uniche risposte che ricevo sono: “Nei prossimi giorni sapremo dirle di più”. Dopo le numerose cancellazioni di voli e autobus, ho addirittura considerato la possibilità di affittare un minivan con conducente per raggiungere Villa San Giovanni e da lì imbarcarmi per la agognata Messina, che purtroppo dista solamente 330 km da casa mia. Anche in questo caso il giro di telefonate è stato d’obbligo: Protezione Civile di Messina e Caronte & Tourist i quali, gentilmente, mi hanno indicato il protocollo da seguire, ricordato che il decreto riconosce il mio diritto a ritornare a casa, ma sempre con quell’alea di incertezza che ormai è il minimo comune denominatore di tutte le mie giornate. Quindi la domanda che mi sorge spontanea è la seguente: “Affrontare questo viaggio oneroso per poi farmi ospitare dai concittadini calabresi?”».

Una situazione paradossale.

«Grazie ai miei genitori avrei anche la possibilità economia per farlo, nonostante le situazioni lavorative drastiche di quest’ultimi, ma le certezze che continuo a chiedere da chi potrei riceverle? Ho la fortuna di poter, ancora, essere mantenuta da loro, ma sa cosa sta provocando in noi? Sa cosa sta provocando alle nostre famiglie? Io credo di no. La situazione è tragica per tutti. Noi studenti fuori sede, spesso disegnati come coloro che fuggono dalla loro terra per rinnegarla, abbiamo sempre fatto i conti con la distanza. L’abbiamo messa in conto quando siamo partiti, l’abbiamo scelta per tutelare i nostri cari e ora che potremmo accorciarla ci manca l’aria al solo pensiero di dover continuare a fare i conti con lei, nonostante ci sarebbero altre soluzioni. Nessuno sta chiedendo di scendere a casa per organizzare party o rimpatriate. Stiamo chiedendo di tornare dalla nostra famiglia. Lo stesso senso civico che ci ha spinto a non prendere parte all’esodo di marzo ci spingerebbe ad autodenunciarci, sottoporci al tampone, rispettare i giorni di quarantena».

Poi, Simona si rivolge direttamente a Musumeci.

«Mi appello al suo spirito genitoriale fiduciosa che al grido di richiamo di un figlio, un genitore non potrà mai mostrarsi sordo. Tuttavia, ho già spiccato il volo una volta e nessun ostacolo mi impedirà di tornare legittimamente al mio nido, nemmeno lei. La ringrazio per aver prestato attenzione alle mie parole. Un esule forzata».

Francesco Tarantino

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