Giulia Rotolo è una ragazza normale. Trapanese, nata 21 anni fa, studia al Liceo Scientifico Vincenzo Fardella finché non decide di continuare il suo percorso fuorisede, iscrivendosi a un Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche. Sceglie Parma, cuore dell’Emilia e roccaforte dei trapanesi “all’estero”. Un percorso lineare come molti giovani di questa città, spesso costretti ad andare via per inseguire i propri sogni.
Ma la vita di Giulia è cambiata. Il virus ha cambiato la vita di tutti e proprio nel giorno di Pasqua, Giulia ha affidato al suo profilo Facebook una riflessione che tocca il cuore e ci rende partecipe di ciò che sta accadendo. Di come tutto si sia evoluto in così poco tempo. Ecco la sua “lettera aperta”:
È un periodo difficile, ci stiamo trovando davanti a un’emergenza nazionale. Il famoso Codid19 che tutti sembravano sottovalutare e prendere con leggerezza in realtà si è manifestato con quella irruenza che nessuno di aspettava. Dai primi due casi in Italia si è sparso a macchia d’olio senza preavviso, e in un attimo si è venuta a creare quella che adesso viene definita pandemia.
Nessuno sapeva come agire, neppure adesso d’altronde, dati i grandi numeri di contagi e la possibilità di pochi posti letto, che improvvisamente abbiamo quadruplicato cercando di arrangiare per dare la possibilità di cura a tutti. Lo abbiamo fatto mettendo a rischio prima di tutto noi stessi, non c’erano molte soluzioni.
Sono al terzo anno nel corso di laurea di infermieristica, da prassi avrei dovuto finire il primo tirocinio del terzo a fine febbraio, ma quando il 23/02 hanno dichiarato emergenza è stato annullato tutto per preservare noi studenti in primis. Da allora niente è andato per come ci si aspettava.
A marzo avrei dovuto avere le lezioni ma con il nuovo decreto è stato ordinato di chiudere università, quindi lauree, esami, tirocini, tutto annullato, come per molte altre attività.
Essendo una studentessa di infermieristica conosco bene il clima che si respira in reparto normalmente, c’è sempre da fare e le esigenze dell’ultimo minuto non mancano mai nemmeno nella quotidianità.
Quando ho sentito dell’emergenza covid il pensiero è subito andato a tutti i professionisti sanitari perché se già è difficile reggere i turni pesanti da 8 o 10 ore figuriamoci cosa accade durante un’emergenza nazionale dove da un giorno all’altro ti ritrovi con numeri enormi di pazienti affetti da covid e non sei in grado di curarli, non sai come curarli, nessuno lo sa.
E pensare che noi siamo esposti ai rischi ogni giorno, ma questo, questo non è come gli altri.
E allora iniziano anche a scarseggiare i dpi e hai paura, tanta paura. Perché tornando a casa speri di non portarlo ai tuoi cari.
Hai tanta responsabilità.
Ed è allora che, data la situazione drastica, noi studenti del 3 anno e prossimi alla laurea, siamo stati chiamati dalla direzione sanitaria, poco dopo che eravamo stati messi sotto un’ala per essere protetti.
Siamo stati chiamati senza nessun obbligo né dovere.
Solo una disponibilità, per chi volesse.
Ma nonostante la paura che, personalmente potrei toccare con un dito, come fai a dir di no?
Dopo aver scelto di fare questa professione, al primo grande muro da scalare, come si fa a rifiutare e tirarsi indietro? Molti diranno che non ha senso, che avrai tempo per metterti a rischio in questo modo, ma sarai tutelato e ripagato. È vero, siamo esposti a un rischio enorme, non firmiamo nessun contratto, soltanto ore di tirocinio. Come un qualsiasi altro tirocinio. Ebbene no, questo non è soltanto un tirocinio. Ci ho riflettuto tanto, ho chiesto tanti pareri prima di accettare. La maggior parte delle persone (sanitari inclusi) mi han detto di non farlo, che non sarebbe giusto.
Ma quando sei sicura di ciò che vuoi e che scegli di fare la risposta la sai già.
Si, ho accettato e l’ho fatto a testa alta.
La maggior parte dei miei coetanei non sanno nemmeno cosa significhi tutto ciò, loro sono scappati, sono tutti a casa con la propria famiglia e al sicuro. Io avevo deciso già di non scappare, e ad oggi mi ritrovo ad aver finito il turno come studentessa volontaria in pronto soccorso.
Il primo giorno tremavo, non sapevo bene nemmeno come arrivarci in PS, un labirinto che ci metti un po’ a capire. Tremavo e mi chiedevo se fosse giusta la mia scelta, se avrei resistito, se mi fossi esposta troppo al rischio e magari fossi contagiata anch’io.
Infili i dpi, dai doppi guanti, mascherina a circuito chiuso, cuffia, visiera, calzari, a quella tutona bianca, quasi come gli astronauti. Sei più protetta ma non respiri, davvero. Ti senti mancare l’aria, eviti di bere, di toccarti qualsiasi parte del corpo per non infettarti.
Quel turno sembra infinito. Ma sei motivata, perché sai che quel piccolo grande gesto contribuisce.
Nel tuo piccolo riesci a sentirti importante.
Credo sia un’esperienza che non dimenticherò mai, a prescindere da come andrà e dai turni che farò.
Sarà forte, lo è già.
E in tutti i sensi, psicologicamente, emotivamente e fisicamente.
Ma mi aiuterà a crescere, sarò una piccola grande donna.
Giulia Rotolo