La Procura della Repubblica di Trapani ha chiesto il rinvio a giudizio per Filippo Giuseppe Accardi, amministratore della Sea, la società che gestisce la centrale termoelettrica dell’isola di Favignana.
La vicenda – come riporta l’articolo a firma di Marco Bova pubblicato su Il Fatto Quotidiano – riguarda un inquinamento che gli inquirenti definiscono “di dimensioni vastissime” a fronte di “misure di bonifica palliative“ a causa di una crepa in un serbatoio di gasolio della centrale è stata trascurata per quasi 40 anni causando un disastro ambientale.
Mentre nel 1980 l’area danneggiata si estendeva per 1.400 metri quadrati, nel 2016 è cresciuta fino a 94mila. Accardi è accusato di “inquinamento ambientale“ aggravato dal fatto che è stato compiuto in una zona che rientra nell’Area Marina Protetta delle Egadi. Sarà la gup Katia Brignone a pronunciarsi, il prossimo 26 febbraio, sulla richiesta avanzata dal procuratore aggiunto Maurizio Agnello e dal sostituto Andrea Tarondo.
La perdita di gasolio da un serbatoio interrato adibito a stoccaggio si verificò nel 1980 all’interno dell’impianto che si trova in contrada Madonna, nei pressi del Cimitero di Favignana. La vicenda fu segnalata, con una serie di esposti, dal consigliere comunale Michele Rallo, oggi riconosciuto come parte civile assieme al Comune e all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente di Trapani.
La stessa Sea, nel 2014, riconobbe l’inquinamento in un dossier presentato alla Regione Siciliana in cui chiedeva l’autorizzazione a costruire una nuova centrale elettrica. L’iter fu bocciato e anche l’attuale presidente della Regione Nello Musumeci (all’epoca deputato regionale) presentò un atto ispettivo in cui ipotizzava “quale soluzione alternativa, il collegamento dell’isola con la Rete di trasmissione (Rtn) mediante un cavidotto”.
Secondo le indagini della sezione di polizia giudiziaria del Corpo forestale, la Sea non avrebbe attuato “il progetto di bonifica approvato con determina n. 128/2000 del 27/09/2005 del Comune di Favignana, mantenendo così attiva una fonte di inquinamento di dimensioni vastissime, persistente e in progressiva rapida espansione areale”. Per questo “dolosamente, a partire dal marzo 2008” non sarebbero state poste in atto “serie e concrete operazioni di bonifica” ma “di fatto solo misure di bonifica palliative”.
L’inquinamento ha danneggiato “in via progressiva le matrici ambientali costituite da acque sotterranee e suolo senza soluzione di continuità – si legge nella richiesta di rinvio a giudizio – causando un deterioramento significativo e misurabile di vaste porzioni di territorio e delle acque sotterranee nonchè dell’equilibrio di un ecosistema compreso nell’Area Marina Protetta (Amp) delle Isole Egadi, di rilevante importanza per la presenza di flora e avifauna protetta, la cui bonifica è conseguibile solo con provvedimenti eccezionali”.
La Procura aveva chiesto il sequestro della società (finalizzato alla realizzazione della bonifica) ma il provvedimento fu annullato per un vizio di forma. Lo scorso mese di luglio la società ha eseguito “interventi di messa in sicurezza operativa della falda della centrale elettrica” affidando l’operazione a una società di Taranto, per un totale di 313mila euro, in attesa della prossima verifica.
La centrale Sea di Favignana fornisce l’elettricità a 3.500 utenze e continua ad essere alimentata con il gasolio trasferito a Favignana a bordo di navi cisterna, così come avviene per il trasporto dell’acqua che, nei mesi scorsi, è finito al centro di un’altra inchiesta della Procura in cui sono coinvolti anche amministratori e pubblici ufficiali.