La morte della 78enne Nunzia Camardi ha lasciato la sua famiglia nella tristezza. La donna se ne è andata il 10 gennaio al “Sant’Antonio Abate” di Trapani. Durante la sua degenza, durata 60 giorni, i medici hanno tentato di tutto per salvarla ma, purtroppo, non ci sono riusciti. Il fratello di Nunzia, Nicolò Camardi, racconta come i medici e gli operatori hanno costantemente informato delle gravi condizioni della sorella che, a un certo momento, sembravano migliorate pur restanti gravi nel loro complesso.
“Era una lotta disperata per la vita. In Cardiologia l’hanno salvata tre volte – racconta – , il quarto infarto le è stato fatale. Ha avuto una assistenza eccellente da parte dei medici e degli infermieri della Cardiologia, della Rianimazione e della Nefrologia. Tutti quanti hanno dimostrato professionalità, umanità e disponibilità nell’informare me e i miei famigliari sull’evolversi della situazione. Direi che i Trapanesi dovrebbero essere orgogliosi di avere una struttura medica che funziona, dal punto di vista organizzativo, professionale e umano, con particolare riferimento alla Cardiologia, Rianimazione e Nefrologia delle quali io, le mie sorelle e mio fratello, siamo stati diretti testimoni della loro efficienza e dedizione al lavoro”.
È un periodo difficile per la sanità. È inutile girarci intorno. Il coronavirus non permette alle famiglie di stare vicine ai propri cari e i sanitari diventano l’unica congiunzione. La testimonianza di Nicolò Camardi deve inorgoglire chi, in questo periodo, sta lottando in prima linea: dentro e fuori dagli ospedali. Troppo spesso si leggono storie di malasanità. Troppo poche volte, invece, storie di umanità. Quella di Nunzia è la storia di una donna che non è stata abbandonata.
Qui di seguito il testo di ringraziamento redatto dal fratello della defunta per i medici trapanesi:
“A nome mio e di tutti i miei famigliari, voglio esprimere un personale ringraziamento a tutta l’equipe medici e infermieri dell’unità operativa UTIC, della Rianimazione e della Nefrologia che, per 60 giorni (9 novembre – 10 gennaio), si sono avvicendati con passione, umanità e professionalità eccelsa, nel tentativo di salvare mia sorella Nunzia Camardi che, purtroppo, non ce l’ha fatta. Aveva tutti gli organi compromessi a causa del diabete che le aveva procurato scompenso cardiaco e una grave insufficienza renale. Per la pandemia Covid non ci è stato possibile dare quel conforto amoroso e familiare di cui necessitava, tuttavia mi è stato riferito che medici e infermieri si sono prodigati affinché non si sentisse sola e abbandonata in quel particolare momento e per questo ringrazio ancora tutti”.