L’assessore regionale alle Attività produttive Mimmo Turano è stato sentito, come persona informata sui fatti, dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo nell’ambito dell’inchiesta sul giro di mazzette alla Regione pagate per facilitare il rilascio di autorizzazioni per la realizzazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile.
Un affare di oltre 15 milioni che vede al centro l’imprenditore alcamese Vito Nicastri e il faccendiere Paolo Arata, arrestati insieme ai rispettivi figli e ai due funzionari della Regione che avrebbero preso le tangenti, e accusati, a vario titolo, di corruzione e intestazione fittizia di beni.
Turano ha dovuto rispondere su due incontri avuti – uno dei quali in presenza del presidente dell’Ars Miccichè – con i due Arata. Miccichè aveva raccontato ai pm di essere stato avvertito da Turano di non proseguire i rapporti con Arata perché l’assessore sapeva che Nicastri, già allora sospettato di legami mafiosi, era socio occulto dell’imprenditore. Turano ha negato il fatto dicendo di non ricordare che all’incontro fosse presente il figlio del faccendiere e ha motivato la sua diffidenza a motivi politici, in particolare alla sua contrarietà alla realizzazione di un impianto di biogas a Calatafimi.
La scorsa settimana, oltre al presidente dell’Ars i pm hanno sentito l’assessore al Territorio Totò Cordaro che si sarebbe rifiutato di incontrare Arata. La prossima settimana sarà la volta dell’assessore all’Energia Alberto Pierobon.