Si ripetono con preoccupante frequenza, ormai, anche nel territorio trapanese, le fughe di migranti – per la stragrande maggioranza di origine tunisina – dalle strutture di accoglienza dove dovrebbero restare in quarantena per 14 giorni, dopo l’arrivo, in base alle disposizioni anti Covid-19.
Dopo diversi episodi avvenuti a Valderice presso il centro “Villa Sant’Andrea” dove i migranti tunisini, nonostante la presenza delle forze dell’ordine, riescono a sgattaiolare dalla palazzina loro destinata nell’ampia struttura di proprietà della Diocesi di Trapani e gestita dalla cooperativa sociale “Badia Grande”, una fuga di massa si è registrata ieri a Marsala.
Anche lì, i migranti – che testimoni riferiscono di aver visto “armati” di cocci di vetro – hanno avuto ragione della presenza degli uomini delle forze dell’ordine e 20 sono riusciti a darsi alla fuga, facendo perdere le loro tracce. Fortunatamente non si sono registrati feriti tra le forze dell’ordine.
Già nei giorni scorsi l’arrivo dei circa 60 quarantenati nella palazzina di via Mazara, nei pressi della scuola, aveva sollevato timori e lamentele da parte dei residenti nelle abitazioni vicine. Adesso questo grave episodio che dimostra, laddove ce ne fosse bisogno, che esiste una nuova “questione sicurezza” legata a queste presenze.
Se è doveroso occuparsi di chi arriva, seppure irregolarmente, nel nostro Paese ed è necessario – in questo periodo di pandemia – tutelare la loro e l’altrui salute, è però altrettanto doveroso, da parte delle Istituzioni preposte, individuare strutture che consentano un controllo efficace sul rispetto dell’isolamento senza sottovalutare il diritto alla serenità dei cittadini delle comunità ospitanti.
Al momento i migranti tunisini che giungono nel Trapanese non possono essere destinati al CPR di contrada Milo a Trapani dove erano trattenuti in attesa di essere rimpatriati (come avveniva in base all’accordo esistente con quel Paese, a meno che non presentassero domanda di asilo politico, fino a prima dell’emergenza coronavirus) perché gli immobili, danneggiati durante alcune proteste, sono in ristrutturazione. Da qui l’esigenza della Prefettura di Trapani di individuare altre strutture sul territorio che però, nei fatti, non si dimostrano adeguate allo scopo.