Finanziarono mafia trapanese e latitanza di Matteo Messina Denaro, sequestrati beni a tre imprenditori [VIDEO]

Beni per un valore di oltre 1 milione D 500mila euro e conti correnti sono stati sequestrati dalla DIA di Trapani all’imprenditore di San Giuseppe Jato (PA) Ciro Gino Ficarotta, 67 anni, al figlio Leonardo Ficarotta, 38 anni, e al 40enne Paolo Vivirito, nipote di Ciro Gino Ficarotta.

Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal Tribunale di Trapani – Sezione Penale e Misure di Prevenzione, su proposta del Direttore della DIA.
Nei confronti dei tre è stata proposta, inoltre, la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, perché tutti indiziati di appartenere a Cosa nostra.

I presupposti che giustificano l’applicazione delle misure di prevenzione nei confronti dei tre imprenditori, con interessi economici nel Trapanese, trovano fondamento nelle indagini della lla DIA di Trapani e dei Carabinieri sulle infiltrazioni della mafia trapanese negli investimenti immobiliari sui terreni agricoli, offerti all’asta nell’ambito di procedure esecutive.

A seguito di tale vicenda i tre, insieme ad altri, sono stati destinatari di ordinanze di custodia cautelare in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, confermate dal Tribunale del Riesame.

Le attività investigative, con l’importante contributo di collaboratori di giustizia (Attilio Fogazza, Nicolò Nicolosi e Lorenzo Cimarosa) e le risultanze dei dialoghi captati tra Vito Gondola (già reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo) e altri associati mafiosi – nell’ambito dell’attività finalizzata alla cattura del boss latitante di Matteo Messina Denaro – avevano permesso di ricostruire gli interventi dell’associazione mafiosa, rappresentata nella circostanza da Salvatore Crimi e Michele Gucciardi – ritenuti, rispettivamente, i capi delle famiglie mafiose di Vita e Salemi – nella gestione di una grossa operazione, finalizzata alla speculazione immobiliare attraverso l’acquisto, in un’asta giudiziaria, di una vasta tenuta agricola di oltre sessanta ettari (sita in località Pionica del comune di Santa Ninfa) e la successiva rivendita alla Vieffe, società agricola riconducibile ai tre imprenditori di San Giuseppe Jato.

L’azienda agricola, di proprietà della moglie di Antonio Salvo, nipote dei noti esattori salemitani, i cugini Nino e Ignazio Salvo (quest’ultimo assassinato da Cosa nostra nel 1992, sotto la regia di Cosa nostra trapanese), era stata formalmente acquistata all’asta da Roberto Nicastri, ritenuto prestanome del fratello Vito Nicastri, noto imprenditore del settore eolico, già sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, per poi essere ceduta alla Vieffe dei Ficarotta e Vivirito per l’importo di 530.000 euro.

Il prezzo di vendita reale dei terreni era, però, notevolmente superiore a quello dichiarato negli atti notarili e la differenza, pari a oltre 200mila euro, sarebbe stata versata in contanti da Ciro Gino Ficarotta e dai suoi congiunti nelle mani dagli uomini di Cosa nostra, per la loro attività di “intermediazione immobiliare”.

Secondo le dichiarazioni del defunto collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, parte di tale somma sarebbe stata destinata da Michele Gucciardi e Vito Gondola al mantenimento di Matteo Messina Denaro che l’avrebbe ricevuta proprio tramite Lorenzo Cimarosa e Francesco Guttadauro, nipote prediletto del latitante, attualmente detenuto.

Michele Gucciardi avrebbe, inoltre, costretto l’originaria proprietaria dei terreni a rinunciare ai propri diritti di reimpianto dei vigneti insistenti sulla tenuta agricola, per consentire agli imprenditori di San Giuseppe Jato di ottenere finanziamenti comunitari per 600mila euro circa, in parte distratti per pagare il prezzo d’acquisto della tenuta stessa.

Inoltre, è emerso come nel corso di riunioni riservatissime si sia parlato anche delle sorti di altri terreni sottoposti a procedure esecutive, appartenenti invece a Antonio Salvo, marito di Giuseppa Salvo. Tali contesti erano finalizzati, altresì, alla veicolazione della corrispondenza (i cosiddetti “pizzini”) di Matteo Messina Denaro a cui partecipavano gli stessi Vito Gondola, Michele Gucciardi e Domenico Scimonelli della famiglia mafiosa di Partanna (tutti arrestati nell’agosto 2015 proprio perché ritenuti al centro del sistema di comunicazione con il latitante).

Nel caso dei terreni di Antonio Salvo, comunque, l’infiltrazione progettata da Cosa nostra, sempre attraverso i tre imprenditori di San Giuseppe Jato, non fu portata a termine per la difficoltà nel reperire i fondi necessari e, in seguito, anche per il rifiuto dell’aggiudicatario di cedere alle “pressioni” mafiose.

A seguito di tali risultanze, il Tribunale di Trapani ha disposto il sequestro dell’intero compendio aziendale della società agricola semplice Vieffe, proprietaria della tenuta agricola di oltre sessanta ettari di contrada Pionica di Santa Ninfa, per un valore di mercato stimabile in circa un milione e mezzo di euro, oltre che di numerosi conti e depositi bancari.