Eolico, il gup respinge la richiesta di patteggiamento di Vito e Manlio Nicastri

Le accuse sono di “massima gravità” e la pena non è congrua: con una durissima motivazione il gup di Palermo Walter Turturici ha respinto la richiesta di patteggiamento a due anni e nove mesi presentata dai legali del “re dell’eolico”, l’imprenditore alcamese Vito Nicastri, ritenuto vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro, che accusato di corruzione e intestazione fittizia di beni.

La Procura di Palermo aveva dato parere favorevole al patteggiamento, anche alla luce della collaborazione di Nicastri nell’ambito dell’inchiesta su tangenti alla Regione Siciliana per autorizzazione relative a impianti per le energie alternative. Rigettata anche la richiesta di patteggiamento a un anno e dieci mesi fatta dal figlio di Nicastri, Manlio. Come il padre è accusato di intestazione fittizia e corruzione.
Entrambi potranno ripresentare l’istanza davanti al Tribunale, il 18 dicembre, alla prima udienza del processo che prosegue col rito ordinario.

Insieme ai due Nicastri compariranno davanti ai giudici Paolo Arata, faccendiere ed ex consulente della Lega ritenuto socio occulto di Nicastri e accusato di corruzione e intestazione fittizia di beni, il dirigente regionale Alberto Tinnirello, accusato di corruzione, e l’imprenditore milanese Antonello Barbieri, indagato per autoriciclaggio e intestazione fittizia.

L’inchiesta sui Nicastri coinvolse anche il figlio di Arata, Francesco, e il dirigente regionale Giacomo Causarano, entrambi imputati di corruzione, che hanno scelto il rito abbreviato. Le loro posizioni non potranno essere trattate dal gup Turturici che, respingendo i patteggiamenti, si è già pronunciato nel merito della vicenda.
Pertanto il processo a loro carico si celebrerà davanti a un altro gup che non è stato ancora designato.

Condannato nei mesi scorsi a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e ritenuto tra i finanziatori della latitanza del capomafia Matteo Messina Denaro, Nicastri, imprenditore alcamese che ha fatto una fortuna con le energie alternative, è tornato in cella ad aprile insieme, tra gli altri, ad Arata. Da giugno ha cominciato a parlare coi pm svelando i nomi dei protagonisti dell’ennesimo caso di corruzione nella burocrazia regionale siciliana.

Una tranche dell’inchiesta della Dda di Palermo è stata trasmessa a Roma e riguarda una presunta mazzetta che l’ex consulente della Lega avrebbe pagato all’ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri.