Custodia in carcere per ex assistente parlamentare Nicosia. Visitò anche Casa Circondariale di Trapani

Ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell’ex assistente parlamentare Antonello Nicosia, 48 anni, e del boss di Sciacca Accursio Di Mino, 61 anni.

I due erano stati sottoposti a fermo di indiziato di delitto dalla Dda di Palermo lo scorso 4 novembre con l’accusa di associazione mafiosa. Il provvedimento, eseguito dai Carabinieri e dal Ros su mandato del procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e dei sostituti Geri Ferrara e Francesca Dessì, era stato convalidato del gip di Sciacca Alberto Davico.

Trattandosi, però, di giudice “incompetente per materia”, come prevede la procedura in questi casi, entro venti giorni la misura sarebbe decaduta se non condivisa dal “giudice competente”. Adesso è arrivato il provvedimento del gip di Palermo che avalla l’impianto accusatorio nei confronti del boss, già condannato due volte per mafia, e per Nicosia, ritenuto “pienamente inserito nell’associazione mafiosa”, che è stato assistente della parlamentare Giusi Occhionero, molisana eletta con Leu e ora passata a Italia Viva. La deputata, che è stata sentita dai magistrati palermitani, non è indagata nell’inchiesta.

Approfittando del suo ruolo Nicosia era riuscito ad incontrare detenuti per mafia in occasione di ispezioni alla Casa Circondariale di Trapani. Il 22 dicembre 2018 aveva fatto ingresso al carcere dove aveva incontrato, avendo cura di non essere notato, l’uomo d’onore Simone Mangiaracina a cui aveva chiesto informazioni sulle condizioni e sulle intenzioni di un altro detenuto, Domenico Maniscalco apprendendo però, in quella sede, che era stato appena scarcerato a seguito dell’ordinanza emessa dal Riesame di Palermo.

Sempre nel carcere trapanese aveva incontrate Santo Sacco, consigliere provinciale, ex consigliere comunale di Castelvetrano e sindacalista della Uil, definitivamente condannato (anche) per associazione mafiosa come componente della clan di Castelvetrano per conto del quale aveva intrattenuto un rapporto epistolare con il boss latitante Matteo Messina Denaro.
Sacco, infatti, è stato condannato dopo un lungo processo che ha dimostrato le sue pericolosissime connivenze con politici, amministratori, personaggi influenti, connivenze tutte messe a disposizione di Cosa nostra e finalizzate a “consentire a uno dei suoi capi riconosciuti, Messina Denaro Matteo, di acquisire la gestione ed il controllo di numerose iniziative imprenditoriali finalizzate allo sviluppo ed alla realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (in particolare eolica e fotovoltaica) sia in provincia di Trapani che in altre zone della Sicilia” .