Coronavirus, il drammatico appello di un Trapanese bloccato in Australia

Stiamo vivendo un momento drammatico che interessa tutto il pianeta, una crisi che oltre a essere sanitaria è anche economica e sociale, uno scenario tragico che non si verificava dal secondo conflitto mondiale. Il 31 gennaio è la data in cui il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza a causa del Covid-19 per la durata di sei mesi ma è anche l’inizio dell’odissea per le migliaia di cittadini italiani che risiedono all’estero.

Come Salvatore Abate, giovane trapanese che da cinque anni vive e lavora come chef in un ristorante italiano a Melbourne, in Australia, adesso costretto a chiedere aiuto all’Italia per poter tornare a casa, perché da una settimana la sua vita è cambiata. “Non ho più un lavoro – racconta Abate – dal 23 marzo sono scattate le misure di contenimento secondo il ‘modello italiano’: tutte le attività commerciali sono state chiuse e io come tanti, sono senza lavoro e, quindi, senza un reddito”.

Le misure di contenimento in Australia non permettono di viaggiare da uno Stato all’altro – attualmente nello Stato di Victoria dove risiede Abate ci sono 769 casi di positività al covid-19 – le uniche attività commerciali aperte sono supermercati, farmacie e banche. Le persone – ad oggi – possono uscire da casa ma devono rispettare le norme igieniche e la distanza di almeno un metro l’una dall’altra. Il Governo non aiuterà, in questa emergenza, chi non è cittadino australiano. Le paghe in quel Paese sono settimanali e sarà stanziato un contributo di 500 dollari a settimana destinato ai soli australiani, quindi Abate – come tutte gli altri cittadini stranieri che si trovano nella stessa situazione – non potrà beneficiarne. Quando non saranno più in grado di pagare l’affitto, di fare la spesa ma, soprattutto, se dovessero ammalarsi cosa faranno queste persone?

”Non appena è scattata l’emergenza – dice Abate – ho comprato biglietto con partenza il 27 marzo con la compagnia tailandese ‘Thai Airways’, sarei dovuto partire venerdì scorso ma il volo è stato soppresso e, inoltre, non potevo assolvere agli oneri che richiede la compagnia: per gli Italiani è obbligatorio sottoporsi al tampone ma non avendo nessun sintomo e senza copertura assicurativa sanitaria non posso farlo. Inoltre, proprio il 26 marzo, giorno prima della partenza, la compagnia ha cancellato tutti i voli fino a fine giugno. Ho acquistato – continua – un secondo biglietto aereo per il 31 marzo con la compagnia australiana ‘Quantas’ per paura di finire per strada ma, soprattutto, di ammalarmi e non potermi curare. Anche questo volo è stato cancellato perché le tratte aeree sono sospese fino a fine maggio”.

“La situazione è drammatica – prosegue lo chef trapanese – sono in contatto con il Consolato Italiano a Merlbourne, ho anche chiesto aiuto alla Farnesina e all’Unità di crisi ma nessuno sembra poter aiutare me e tutti gli altri Italiani bloccati qui. La paura non è solo quella di rimanere per strada ma anche quella di ammalarsi e non potersi curare, perché l’assicurazione sanitaria non copre le cure mediche per il coronavirus.

“Ho subito contattato il Consolato – racconta Abate – inizialmente ho avuto un riscontro positivo. Presto si sarebbero organizzati per rimpatriare tutti i connazionali attualmente in Australia ma, dopo poco tempo, mi è stato comunicato che non è possibile organizzare voli di rimpatrio perché per l’Europa c’è ancora una compagnia che effettua voli e che offre uno sconto per chi deve rientrare”.    

È vero, è possibile volare per l’Europa solo con la compagnia aerea degli Emirati Arabi “Quatar”, il costo del biglietto oscilla dai tremila ai quattromila dollari e lo sconto è del dieci per cento. Non è proprio una soluzione “economy” per chi come Salvatore Abate ha già perso denaro in altri biglietti aerei e deve sopravvivere nei prossimi giorni.

Chiedo all’Italia e alla Regione Siciliana di aiutarmi a tornare a casa, ho paura, non so come affrontare questa situazione da solo. Avevo ventiquattro anni quando sono andato via dalla Sicilia, in cerca di un futuro per costruirmi una nuova vita e alla ricerca di un lavoro. In questi anni sono stato dall’altra parte del mondo lontano dai miei affetti, non avrei mai voluto lasciare la mia terra, ma io come tanti altri giovani siciliani, siamo emigrati in un altro Paese per costruirci con il lavoro la nostra dignità”, questo è l’appello di Salavatore Abate all’Italia e al Governo siciliano.

 

Olga Grignano

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