Era capace di intendere e volere al momento del fatto il 51enne ingegnere palermitano Roberto Sparacio, accusato di essere l’artefice della chiavetta usb esplosiva che causò il ferimento ad una mano di un ispettore della Polizia di Stato in servizio al nucleo di pg della Procura della Repubblica di Trapani.
L’uomo – secondo quanto riporta un articolo pubblicato stamane sul Giornale di Sicilia – è stato sottoposto a due perizie, una psichiatrica e una psicologica, i cui esiti sono stati illustrati nell’udienza preliminare davanti al gup Emanuele Cersosimo che aveva già accolto la richiesta di giudizio abbreviato condizionato avanzata dal difensore dell’indagato, avvocato Carlo Emma, ed aveva nominato, per effettuare gli accertamenti, lo psichiatra Gaetano Gorgone e lo psicologo Davide Cutini. Secondo i due consulenti l’uomo è in grado di partecipare in maniera consapevole al processo e le sue attuali condizioni sono compatibili con la permanenza in carcere.
Il dispositivo era stato originariamente inviato all’avvocata trapanese Monica Maragno presso il suo studio. Nel mittente era indicato l’Ordine degli avvocati di Trapani ma, aprendo la busta, aveva trovato un biglietto intestato a un organismo dell’Avvocatura che non aveva mai sentito nominare. Insospettita aveva chiamato l’Ordine che negò di averle inviato la lettera. Insospettita, la legale consegnò busta e pennetta al presidente dell’Ordine che la girò alla Procura della Repubblica per farne verificare il contenuto.
Per confutare le asserzioni dei due periti, il difensore di Sparacio ha già indicato nello psichiatra Maurizio Marguglio e nello psicologo Alessandro Meli i consulenti della difesa. I due specialisti saranno sentiti nella prossima udienza, fissata per il prossimo 28 gennaio. Il legale, oltre alla perizia, aveva chiesto anche l’ammissione di documenti relativi ai procedimenti immobiliari a carico della famiglia dell’ingegnere. Secondo l’accusa, infatti, Sparacio, appartenente a una facoltosa famiglia palermitana con interessi economici tra Trapani e Pantelleria, avrebbe utilizzato la sua capacità di costruire congegni esplosivi per salvaguardare il patrimonio minacciato da azioni legali.
L’ingegnere 51enne era stato arrestato nel maggio dello scorso anno dagli uomini della Squadra Mobile di Trapani nell’operazione “Unabomber Pantelleria”, dopo otto mesi dall’esplosione della chiavetta. Nel procedimento contro Sparacio si sono costituiti parte civile l’intero Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Trapani, l’ispettore Aceto e altre due persone, individuate come parti lese nel corso delle indagini. Si tratta del cliente di un bar di Palermo che rimase ferito per l’esplosione di un’altra chiavetta che l’indagato avrebbe inviato alla titolare dell’esercizio che si era aggiudicata, in un’asta, un bene che era appartenuto alla sua famiglia, e di un dipendente di Sparacio che rimase ustionato da una sostanza chimica di cui era stato cosparso il sedile dell’auto che aveva in uso.
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