Ha cercato di introdurre droga e telefoni cellulari – nascosti nelle scarpe del figlio presentatosi per un colloquio – all’interno del carcere di Castelvetrano: per questo il giovane e lo stesso detenuto, di origini catanesi, sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Marsala.
Ad accorgersi delle strane manovre dei due è stato uno degli agenti di Polizia Penitenziaria in servizio nella saletta dedicata agli incontri tra carcerati e familiari che ha avvertito i superiori.
Fingendo l’allontanamento temporaneo dell’agente, è stato possibile constatare l’effettivo scambio delle calzature, identiche, tra i due. Nel successivo controllo, svolto con il “Manta ray”, uno speciale apparecchio che rileva i telefoni cellulari, i poliziotti penitenziari di Castelvetrano hanno trovato due microtelefoni cellulari, sim, caricabatteria e sostanze stupefacenti nelle suole che ha figlio aveva passato al padre.
A denunciare l’episodio è il Segretario nazionale dell’USPP/UGL (Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria) Francesco D’Antoni che sottolinea come “il lavoro della Polizia Penitenziaria nonostante la gravissima carenza di personale a Castelvetrano e negli Istituti siciliani abbia raggiunto una situazione davvero preoccupante per la sicurezza della collettività, per cui non basta nemmeno più lo spirito di abnegazione e sacrificio dei pochi agenti di Polizia Penitenziaria,
stremati dai carichi di lavoro e costretti ad espletare lavoro straordinario come di recente denunciato delle segreterie locali
delle Organizzazioni sindacali di comparto di Castelvetrano”.
“Da tempo – prosegue D’Antoni – la ‘semplicità’ con le quali si sono consumate le evasioni, i tentativi di introdurre cellulari e sostanze stupefacenti non può passare inosservata e deve portare ad una profonda riflessione e a interventi
concreti e immediati affinché si affronti seriamente, una volta per tutte, l’adeguamento di organico alle esigenze lavorative all’interno dei penitenziari in ogni turno di servizio e di sistemi di videosorveglianza di ultima generazione che abbiano
funzione deterrente e che possano attivarsi in caso di tentativo da parte di qualche malintenzionato a turbare l’ordine e la sicurezza degli Istituti”.
“In un momento così drammatico – conclude il segretario – non ci resta che invitare l’Amministrazione penitenziaria ad avviare una seria riflessione, cominciando dalla valutazione in chiave meritocratica dell’operato degli agenti e, quindi,
nel caso segnalato, di riconoscere l’attività di prevenzione e controllo, svolta con scrupolo, professionalità e intuizione, ha consentito che i detenuti non venissero in possesso della sostanza stupefacente e dei cellulari, nocivi all’ordine e alla sicurezza del carcere”.