“A Casa nostra”, un fumetto per diffondere la cultura della solidarietà

Sono stati in tanti ieri pomeriggio i trapanesi a raccogliere l’invito a restare umani di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso. Gli autori hanno raccontato “A Casa nostra – Cronaca da Riace” il reportage a fumetti dove viene descritto il dramma dell’immigrazione clandestina, le storie di successi e i drammi che vivono i migranti una volta salvati.

All’incontro, svoltosi al centro Nuara di Trapani e condotto dalla giornalista Ornella Fulco, che da anni è sul campo a raccontare gli sbarchi nel nostro territorio, ha preso parte anche Maurizio Sturiano, presidente del Consorzio Solidalia, associazione che gestisce centri di accoglienza per i migranti.

Con l’immediatezza del fumetto gli autori riescono a raccontare le criticità di un sistema che necessita di un’intervento e le drammaticità di una Calabria dilaniata dall’alto tasso di disoccupazione.

Il fumetto è narrazione di una realtà con la quale tutti siamo chiamati a misurarci nel quotidiano, piccolo o grande che sia e ciascuno per il nostro ruolo e il nostro raggio di azione. Ai governi, nazionale ed europeo, si chiede di trovare soluzioni per affrontare il fenomeno delle migrazioni in un’ottica che non sia solo quella dell’emergenza o della paura.

“Ho fatto una scelta narrativa ben precisa di colore – ha raccontato l’illustratore  Bonaccorso – all’inizio il fumetto parte con la vivacità dei colori con cui ho voluto cogliere la bellezza graffiante della Calabria per poi arrivare alla monocromia per descrivere il dramma dello spopolamento e della violenza che si fa sul suo territorio”.

Oggi spesso si parla di accoglienza e di immigrazione ma c’è una visione ipocrita di questo concetto. A Riace grazie all’ex sindaco Mimmo Lucano si era creato un sistema che riusciva a coniugare l’accoglienza con il rilancio del tessuto economico e sociale di quel piccolo paese.

Nel Mezzogiorno si parla ancora del problema dell’immigrazione senza pensare ad un rilancio e alle ricadute in positivo delle comunità, come era stato fatto a Riace. Oggi gli stranieri sono considerati come dei diversi e si perde di vista che sono degli esseri umani.

“Il modello di Riace e degli Sprar, di cui sono responsabili i Comuni, funzionava perché ci si prevedeva cura di piccoli numeri di persone mentre nei centri di prima accoglienza che gestivamo – ha raccontato Maurizio  Sturiano – e che abbiamo chiuso nel 2018, si rischiava, sommersi anche dalla burocrazia, di perdere la coscienza che trattavamo con persone, i migranti venivano chiamati per numero, non per nome”.

L’Italia è in difficoltà sulla gestione delle migrazioni – e di recente è stata anche “bacchettata” dalla commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, in una memoria depositata alla Corte europea di Strasburgo in un procedimento contro il nostro Paese. Ci stiamo dimenticando che si parla di vite umane e bisogna lavorare per riconoscere anche a chi fugge dagli orrori della propria terra, quei diritti costituzionalmente garantiti come l’uguaglianza, non dimenticandoci che anche noi siamo stati e continuiamo ad essere un popolo di migranti.

“Siamo in presenza di una classe politica intera che non si assume la responsabilità degli strascichi della crisi economica degli anni scorsi – afferma Marco Rizzo – e addossa ai migranti la responsabilità della crisi del Paese”

Parlare di accoglienza oggi sta diventando fare politica e , come racconta Lucano nel libro e sembra “paradossale che nelle scuole non si possa parlare di questi temi”, afferma Marco Rizzo. “Al Nord – ha sottolineato Sturiano – le classi scolastiche multietniche sono già una realtà con cui i nostri giovani si confrontano, noi adulti dovremmo agevolare questo processo di integrazione anche qui al Sud”

Forse il segreto per restare umani è proprio ripartire da più piccoli, lasciarci contaminare dalla loro semplicità e naturalezza che, purtroppo, crescendo rischia di venire meno. Bisogna andare nelle scuole e praticare la cultura della solidarietà.

“I nostri ragazzi stanno vivendo l’immigrazione e non danno importanza al colore della pelle del proprio compagno di classe o dell’amico – ha concluso Rizzo – penso proprio che le prossime generazioni ci salveranno”.