“Spese pazze” all’Ars, condannati Giulia Adamo e Livio Marrocco

Cinque ex capigruppo all’Assemblea Regionale Siciliana sono stati condannati nell’ambito dell’inchiesta sulle “spese pazze” all’Ars.

Due gli ex parlamentari trapanesi che sono stati condannati per peculato continuato. Si tratta di Giulia Adamo, condannata a 3 anni e 6 mesi, e di Livio Marrocco, condannato a 3 anni. Il pubblico ministero aveva chiesto, rispettivamente, 3 anni e 9 mesi e 3 anni e 6 mesi.
Condannati anche l’attuale sindaco di Catania Salvo Pogliese a 4 anni e 3 mesi, quanto aveva chiesto l’accusa, Cataldo Fiorenza a 3 anni ed 8 mesi, il pm aveva chiesto 4 anni e 3 mesi, e Rudy Maira, condannato a 4 anni e 8 mesi rispetto alla richiesta di 3 anni e 6 mesi.

Assolto l’ex deputato regionale Giovambattista Bufardeci. Per quanto riguarda Pogliese la condanna fa scattare gli effetti della legge Severino e quindi la sospensione dalla carica disposta dalla Prefettura.
Tornando nel Trapanese, Giulia Adamo, che era scesa in campo nella corsa a sindaco di Marsala, dovrà confermare la sua volontà di andare avanti con la candidatura. Prima della sentenza l’ex sindaca ed ex deputata regionale aveva ribadito il suo impegno nelle prossime amministrative.

I fatti contestati risalgono alla legislatura 2008-2012 e riguardano le spese effettuate dai gruppi parlamentari risultate diverse da quelle riconosciute per attività istituzionali. L’inchiesta, avviata nel 2014, ha seguito due binari, quello della magistratura ordinaria, che si è concluso oggi in primo grado, e quello davanti alla Corte dei conti che ha visto sia Adamo sia Marocco, con sentenza definitiva, condannati a restituire le somme erogate ai loro schierament e “utilizzate per finalità non istituzionali”.

Aggiornamento ore 23.30
“Non posso nascondere – ha scritto Livio Marrocco in un post sulla sua pagina Facebook – l’enorme delusione di oggi. Dopo 8 anni in cui sono riuscito a smantellare l’impianto accusatorio da 290.000 euro, pensavo che le prove e le carte portate in processo avessero sgombrato ogni dubbio. Sono certo di avere svolto il mio incarico con la massima correttezza. Le spese che mi sono state contestate sono tutte relative a esborsi dal mio conto corrente personale. Questo processo è stato basato in buona parte sulle ricevute delle spese che venivano conservate da me e da alcuni altri deputati scrupolosi. Ma erano conteggi di somme uscite dal mio conto personale. Ribadisco che non ho mai compilato alcuna richiesta di rimborso né documenti simili. Prendo atto che le somme che mi vengono contestate si sono ridotte nel corso degli anni dagli originari 290.000 dell’avviso di garanzia, ai 15.000 della richiesta di rinvio a giudizio, ai 5.200 circa del decreto che dispone il giudizio, ai 3.961 euro della condanna di oggi. Leggeremo le motivazioni e faremo appello. Confido di proseguire in questa direzione e dimostrare, alla fine, di non avere commesso alcun illecito”.