Da oggi il piazzale tra il “campo bianco” e la Casa Circondariale “Pietro Cerulli”, nel quartiere San Giuliano di Erice, porta il nome di Giuseppe Montalto, l’agente della Polizia Penitenziaria ucciso dalla mafia il 23 dicembre 1995 nella frazione trapanese di Palma sotto gli occhi della moglie, incinta, e della figlioletta di dieci mesi.
La cerimonia, alla presenza della vedova Liliana Riccobene e delle massime autorità civili e militari del territorio, oltre che di rappresentanze delle scuole ericine, si è svolta al termine della manifestazione “Le strade dell’antimafia” organizzata dal Comune di Erice in collaborazione con l’associazione Libera al Centro sociale “Peppino Impastato”.
L’intitolazione di uno spazio pubblico a Montalto era stata chiesta, lo scorso mese di dicembre, dal segretario regionale della Uilpa Polizia Penitenziaria Gioacchino Veneziano, oggi particolarmente commosso nel ricordare il collega di lavoro. All’epoca, infatti, entrambi prestavano servizio al carcere “Ucciardone” di Palermo.
Con la conduzione del giornalista Rino Giacalone, si sono alternati gli interventi – oltre che di Veneziano e della sindaca Daniela Toscano – del magistrato Calogero Roberto Piscitello, già direttore del Dap, della vicaria della provveditrice regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Sicilia Anna Internicola, del procuratore della Repubblica di Trapani Alfredo Morvillo e del giudice Emanuele Cersosimo (in rappresentanza del presidente del Tribunale di Trapani), di Gisella Mammo Zagarella, referente del presidio Libera di Trapani, e di Liliana Riccobene.
È stato più volte sottolineato il valore della memoria, una memoria non fine a se stessa ma che deve farsi motore, per la parte sana della nostra società, della reazione al malaffare e alla mafia, ancora saldamente presente nel Trapanese con le sua capacità di infiltrazione nelle attività economiche e anche nelle Istituzioni.
Per l’occasione il ministro della giustizia Alfonso Bonafede, assente alla cerimonia per impegni istituzionali, ha inviato un messaggio. “Giuseppe – ha scritto – agli occhi dei boss, che ne ordinarono la morte, aveva una colpa insopportabile: fare con rettitudine e competenza il proprio dovere di servitore delle istituzioni e di difensore della legalità. Ebbene – ha aggiunto il guardasigilli – quella colpa, se così si può definire, oggi è per tutti noi motivo per rendere orgogliosamente omaggio alla sua memoria. Grazie a questa intitolazione anche le giovani generazioni conosceranno la storia di quest’uomo che ha compiuto il proprio dovere fino alle estreme conseguenze”.
“Montalto – ha detto il magistrato Piscitello – è il nostro punto partenza per cambiare le cose in questa terra”.
“I mafiosi sono persone che pensano di poter decidere chi può vivere e chi deve essere ucciso perché dà fastidio – ha detto Zagarella – e a questo dobbiamo ribellarci tutti con forza”.
“Il suo sacrificio – ha detto il procuratore Morvillo – è servito anche a cambiare certe regole della gestione della carcerazione dei mafiosi che non possono essere lasciati, come accadeva allora, nelle carceri dei loro territori, con la possibilità di continuare a mantenere rapporti con i clan e a dare ordini”.
E fu proprio per aver intercettato e sequestrato un “pizzino” destinato ad alcuni boss reclusi che Giuseppe Montalto pagò con la vita, per aver voluto – come ha sottolineato Liliana Riccobene – fare con onore il suo lavoro”, lui che amava tanto la sua famiglia e la sua terra, tanto da tornarci dopo gli anni di servizio a Torino.
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