Ha utilizzato la militanza nel Movimento dei Radicali italiani, gli incarichi politici e didattici ottenuti – tra cui i seminari all’Università di Palermo, uno sul caso di Giuseppe Gulotta, rimasto per 22 anni in cella da innocente, accusato della strage della casermetta di Alcamo Marina – e il rapporto di collaborazione con una deputata per avere una sicura chiave d’accesso nelle carceri italiane e avviare iniziative politiche sul fronte della tutela dei diritti dei detenuti.
Lo scopo di tale impegno, però, secondo i magistrati della Procura della Repubblica di Palermo, è risultato essere diverso da quello, di per sè lecito, che Antonino (detto Antonello) Nicosia professava e diffondeva anche tramite internet e trasmissioni televisive.
L’uomo, arrestato nei giorni scorsi nell’operazione “Passepartout” con l’accusa di associazione mafiosa, era stato in passato condannato a dieci anni per traffico di stupefacenti.
Dalle numerose intercettazioni a suo carico, sarebbe emerso che Nicosia si è adoperato per monitorare lo “stato d’animo” di alcuni mafiosi detenuti e dissuaderli dall’eventuale intenzione di collaborare con la giustizia, per favorirne i trasferimenti e per veicolare informazioni fra i detenuti e l’esterno. Nicosia avrebbe anche incontrato detenuti mafiosi in modo assolutamente riservato e senza la vigilanza dei poliziotti penitenziari per ottenere e fornire informazioni e si sarebbe attivato per conoscere mappatura, allocazione delle celle, luoghi dove si svolgono i colloqui e la socialità dei detenuti nelle diverse strutture carcerarie sempre per trasmettere tali informazioni ad associati di Cosa nostra.
Secondo gli inquirenti, inoltre, Nicosia si sarebbe speso attivamente per contribuire a uno dei progetti più ambiziosi di Cosa nostra, quello di ottenere la rivisitazione del cosiddetto “carcere duro” e ciò per favorire, in ultima istanza, la stessa associazione mafiosa.
Tra le carceri visitate dall’ex assistente parlamentare della deputata Pina Occhionero (Liberi e Uguali) c’è anche la Casa Circondariale di Trapani dove Nicosia si era occupato dei mafiosi che vi sono detenuti.
In particolare, il riferimento è a Santo Sacco, esponente della famiglia di Castelvetrano e uomo di fiducia di Matteo Messina Denaro. Sacco, detenuto nella Casa circondariale di Nuoro, periodicamente era stato trasferito presso quella di Trapani per fruire di “permessi”, verosimilmente per effettuare incontri e colloqui coi propri familiari. Ciò era avvenuto dal 18 dicembre 2018 al 18 gennaio 2019 e dal 9 marzo al 23 aprile di quest’anno.
Nicosia il 22 dicembre 2018 aveva fatto ingresso al carcere di Trapani dove aveva incontrato anche avendo cura di non essere notato, l’uomo d’onore Simone Mangiaracina a cui aveva chiesto informazioni sulle condizioni e sulle intenzioni di un altro detenuto, Domenico Maniscalco apprendendo però, in quella sede, che era stato appena scarcerato a seguito dell’ordinanza emessa dal Riesame di Palermo.
Ritornando alla conversazione intercettata il 23 dicembre 2018 con la donna che è stata poi identificata nell’onorevole Giuseppina Occhionero, Nicosia, ben consapevole della delicatezza degli argomenti trattati, aveva intimato alla donna di evitare di citare, durante le loro eventuali e future conversazioni telefoniche, i nomi dei mafiosi, posto che il riferimento a soggetti del calibro di Simone Mangiaracina avrebbe rischiato di esporre entrambi a possibili ripercussioni giudiziarie.
Il prosieguo delle intercettazioni ha consentito agli inquirenti di accertare che Nicosia ambiva a formalizzare una collaborazione con la Camera dei Deputati, prevista dai regolamenti parlamentari, grazie alla quale avrebbe potuto fare visita anche ai detenuti sottoposti al regime del 41 bis.
Lo stesso Nicosia aveva rivelato tale circostanza in una conversazione del 4 gennaio 2019 (quindi pochi giorni dopo il primo incontro con Pina Occhionero) con un suo conoscente a cui aveva confidato espressamente di aver ottenuto un “contratto” con l’onorevole Occhionero, non per ragioni economiche e di lavoro, ma per la possibilità di fare ingresso nelle carceri e, più in particolare, per far visita ai detenuti sottoposti al regime di “carcere duro”. “Mi giro le carceri – aveva detto – visto che non potevo entrare … così, con lei, entro e, basta, vado al 41 bis. Faccio un sacco di cose hai capito? Ho trovato questo escamotage.
Le stesse considerazioni Nicosia aveva esternato all’amica Giuseppa Gallo, il cui padre e il cui fratello, definitivamente condannati per associazione mafiosa erano (e sono ancora) detenuti. In quei giorni, il 19 dicembre 2018, Nicosia aveva confidato anche a lei di avere trovato il sistema per fare ingresso negli Istituti penitenziari senza alcun problema o intralcio da parte dei direttori e, in proposito, ricordavano insieme un episodio accaduto un anno prima presso la Casa circondariale di Trapani dove, evidentemente, era stato negato loro l’accesso: “Per questo puoi stare serena – aveva detto Nicosia – io mi testo sempre, io mi testo perciò il problema non si pone. Però quando tu vai col Dap il carcere ti aspetta, perchè il Dap cosa fa? Ti autorizza e manda la lettera al carcere e dice sta venendo Giuseppina Gallo, Antonino Nicosia e minchia lenta… si preparano capito? si fa trovare il direttore con la cravatta, queste sono visite ispettive. Driin chi è? Chi siete? Sono l’onorevole Occhionero devo fare un’ispezione, tesserino della Camera si entra e … (ride), il direttore c’è? No il direttore non c’è, ah bene. Nella relazione che poi faccio dico che il direttore non era presente… il comandante? Un attimo che lo chiamiamo, ah sa non c’è il comandante, c’è il vice comandante, non era presente neanche il commissario. Il direttore dell’area trattamentale? Non è ancora arrivato, oh oh sono le otto e mezza come mai? Quando prende servizio? Capito, gliela metti dietro”.
“Io non vedo l’ora che vai a Trapani”, aveva detto Gallo. “Trapani deve essere bellissimo, sabato pomeriggio”, aveva risposto Nicosia proseguendo: “sabato pomeriggio ci vuoi venire? Se ci vuoi venire…”
Gallo: solo all’entrata vorrei essere lì, ma come faccio sabato? Mi sarebbe piaciuto veramente tantissimo per guardare nella faccia questo pezzo di merda
Nicosia: questo pezzo di merda
Gallo: per dirgli, siamo di nuovo qua
Nicosia: esatto ma per me ci puoi venire, quando vuoi. Se ti liberi ci vieni e ti diverti, e gli dici, noi siamo quelli dell’anno scorso si ricorda? Lì non può fare niente, quella gli dice: direttore
Gallo: sabato pomeriggio a che ora ci andate?
Nicosia: torniamo da Favignana ed entriamo a Trapani, te lo posso dire, la mattina quando usciamo da…
Gallo: ma questa scena voglio proprio…
Nicosia: questa scena è bella. Dice: è un mio collaboratore, direttore lei capisce che non possiamo lasciarlo fuori, ed è autorizzato da me, c’è una legge specifica in Italia. Chiaramente questa ha il numero del Ministro e telefona e gli dice guarda coglione c’è uno qua a Trapani che non mi vuole fare entrare, che faccio? Questa è deputata di Grasso. Se si va a leggere tutti i commenti del Presidente del Senato gli sputa, è molto più… Non è che mi piace tanto questa cosa però è l’unico modo per entrare, è l’unico… io devo essere bravo a fare buon viso a cattivo gioco in certe situazioni e inghiottire il rospo e dire vabbè pazienza.
Antonino Nicosia aveva informato dell’escamotage anche al boss Accursio Dimino, nel corso del dialogo intercettato il 28 febbraio 2019 e gli aveva spiegato che l’ingresso in carcere insieme a un deputato gli consentiva, innanzitutto, di sfuggire alle inevitabili verifiche del DAP preliminari all’autorizzazione all’accesso che, già in una circostanza, a suo dire gli era stato negato verosimilmente perché gravato da precedenti penali [ndr. la condanna per traffico di stupefacenti] e, inoltre, di visitare tutte le sezioni dell’Istituto penitenziario.
Nicosia aveva rivelato al mafioso che sarebbe riuscito a parlare con i detenuti all’interno della loro cella, anche quelle collocate nelle sezioni dove, per ragioni di sicurezza o di altra natura, non è possibile accedere. E ciò perché, proprio in ragione della presenza ufficiale della deputata, il carcere avrebbe dovuto fornire finanche le mappe della struttura.
Nicosia: mi posso portare chi voglio… ma questi non sono abituati a fare visite con quelli che il carcere lo conoscono, capito? Sono abituati che vanno là, non sanno dove minchia andare… io vado, io entro dentro le celle
Dimino: dentro le celle, si
Nicosia: io voglio entrare dentro le celle… dice… ma, deve fare più niente?… ma perché … gli ho detto… abbiamo finito di visitarlo il carcere?… ah … dice… lo dobbiamo visitare tutto? … tutto, certo! … io quando arrivo, gli chiedo la mappa del carcere
Dimino: uhm
Nicosia: la mappa
Dimino: per vedere come sono combinate
Nicosia : ‘sta mappa non c’è mai, non c’è mai ‘sta mappa, non si trova, è chiusa nel …
Dimino: uhm …
Nicosia: la mappa serve! Io voglio vedere la mappa, io voglio sapere dove sono le celle perché voglio visitare tutte le sezioni… dice… la sezione è chiusa… va be, me la apra … dice… ma dobbiamo visitare una sezione chiusa?
Dimino: si, gli dici …
Nicosia: gli ho detto, gli ho detto a… ho acchiappato, ho acchiappato così un commissario, gli ho detto … ascolti, ma lei veramente pensa che io oggi che è domenica, sono venuto qua a perdere tempo?… deve aprire la, la sezione… no… dice… okay, okay, a posto, ho capito … ha capito ma che cosa ha capito?… che lei vuole vedere tutto… e perfetto, io voglio vedere tutto!
Anche Domenico Maniscalco era informato da Antonino Nicosia della possibilità di avere libero accesso alle strutture penitenziarie grazie al rapporto di collaborazione con la parlamentare Occhionero tanto che, nel corso della citata conversazione fra i due del 2 maggio 2019 e a proposito dei loro rapporti con Salvatore Di Gangi detenuto presso la Casa circondariale di Parma, lo stesso Nicosia si proponeva di recarvisi per andare a trovarlo informarlo, per essere autorizzati ad eseguirlo, di un progetto di estorsione.
Analogo progetto Antonello Nicosia, nel febbraio 2019, aveva illustrato all’avvoccato Michele Capano, che avrebbe dovuto recarsi nel carcere dove erano detenuti Vito Vincenzo Rallo, condannato in via definitiva perché capo della famiglia mafiosa di Marsala, e suo nipote Aleandro.
L’iniziativa, peraltro, era successiva a un incontro avvenuto fra Nicosia, Capano e Caterina Rallo, sorella di Vito Vincenzo, il 18 febbraio 2019 presso il supermercato SISA di Marsala, attività commerciale riconducibile alla donna, dopo l’orario di chiusura.
Proprio il giorno seguente, è stata intercettata una conversazione fra Nicosia e Capano nel corso della quale si comprendeva che il primo avrebbe cercato di fare ingresso nella struttura penitenziaria insieme non solo a Capano ma anche alla parlamentare Occhionero.
Dal passaggio successivo del dialogo intercettato, si intuiva che la presenza di Nicosia a Marsala e che il suo incontro con i due Rallo sarebbe stato funzionale, verosimilmente, alla veicolazione di messaggi a questi ultimi: All’epoca Vito Vincenzo Rallo era detenuto a Voghera ma fruiva di trasferimenti periodici (verosimilmente per colloqui con i familiari) nella Casa circondariale di Trapani mentre Aleandro Rallo era ristretto proprio presso quest’ultima struttura.
Nicosia: poi quando arriviamo da Rallo
Capano: si
Nicosia: chiudiamo la porta! Ci apre … ci apre la cella
Capano: si
Nicosia: e chiudiamo la porta, non c’è problema capito, perché col deputato non è come la visita Radicale che siamo abituati a fare… a guardia vicino, quando… quando ti rompe i coglioni che sentono che … ti devono raccontare delle cose delicate, ci dici, “scusi si può allontanare un attimo”, quello se ne deve, se ne deve … se ne va
Come è emerso dalle indagini, questa attività di Nicosia si è intensificata negli ultimi mesi quando ha organizzato ulteriori ingressi nelle carceri, tutti preceduti e seguiti da una serie di conversazioni intercettate dalle quali sarebbe emersa con chiarezza la loro strumentalità rispetto alle finalità illecite perseguite dall’indagato.
Attraverso la collaborazione con l’onorevole Occhionero, Nicosia ha potuto accedere, in brevissimo tempo, in quattro carceri: il 21 dicembre 2018 a Sciacca, il 22 dicembre 2018 a Trapani e ad Agrigento, l’1 febbraio 2019 a Tolmezzo.
Il giorno successivo, all’interno dell’auto di Nicosia, i due avevano commentato l’incontro appena avvenuto, all’interno del carcere trapanese, con Santo Sacco, consigliere provinciale, ex consigliere comunale di Castelvetrano e sindacalista della Uil, definitivamente condannato (anche) per associazione mafiosa come componente della clan di Castelvetrano per conto del quale aveva intrattenuto un rapporto epistolare con il boss latitante Matteo Messina Denaro.
Sacco, infatti, è stato condannato dopo un lungo processo che ha dimostrato le sue pericolosissime connivenze con politici, amministratori, personaggi influenti, connivenze tutte messe a disposizione di Cosa nostra e finalizzate a “consentire a uno dei suoi capi riconosciuti, Messina Denaro Matteo, di acquisire la gestione ed il controllo di numerose iniziative imprenditoriali finalizzate allo sviluppo ed alla realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (in particolare eolica e fotovoltaica) sia in provincia di Trapani che in altre zone della Sicilia” .
Antonello Nicosia, dopo aver rivelato all’onorevole Occhionero di conoscere Sacco da diverso tempo, le aveva riferito di aver raccomandato al detenuto di “cucirsi la bocca”. Nel corso del dialogo, aveva riferito di aver parlato con Sacco e di avergli raccomandato di non “parlare assai” in riferimento, evidentemente, alla possibilità che, sia all’interno del carcere sia in caso di scarcerazione, potesse essere oggetto di investigazioni che ne avrebbero potuto nuovamente compromettere la libertà
L’incontro fra il Nicosia e Santo Sacco in carcere, nel dicembre 2018, non era stato il primo. Nel corso di una telefonata fra l’indagato e l’onorevole Occhionero, intercettata il 15 febbraio 2019 a bordo dell’auto condotta dal primo, Nicosia aveva raccontato all’esponente di LeU di quando, nella Casa circondariale Pagliarelli di Palermo, nella quale era entrato su autorizzazione del DAP, attraverso una delle proprie associazioni di volontariato, aveva incontrato il castelvetranese.
Nicosia era assolutamente esplicito nel raccontare alla parlamentare che, all’epoca, conosceva già conosceva Sacco per averlo frequentato prima del suo arresto e che questo rapporto non doveva venire a conoscenza il comandante della Polizia Penitenziaria di quel carcere. Nel prosieguo del dialogo, inoltre, si comprendeva che Santo Sacco, in carcere, aveva ricevuto da Nicosia una lettera scritta su carta intestata della Camera dei Deputati; una missiva che, come espressamente previsto dall’art. 18 ter dell’ordinamento penitenziario, non è sottoposta né a limitazioni né a controlli in quanto proveniente da un componente del Parlamento. Nicosia era, quindi, riuscito a procurarsi uno strumento sottratto direttamente dalla legge a qualsiasi verifica per comunicare con i mafiosi detenuti.
“A Trapani hai visto – aveva detto Nicosia alla parlamentare – ma perchè lui è convinto che comanda lui a Trapani perché quello è amico suo, il comandante … io immagino la scena appena quello gli ha portato quella e-mail … gli avrà detto ” mi auguro che lei non abbia stropicciata questa cosa” perchè questa me la manda l’amico mio … cioè me la sta mandando l’amico mio … cioè questa è l’onorevole amica mia… ai compagni di cella chissà cosa minchia gli ha … io ve l’ho detto che quelli sono venuti a farmi gli auguri, guardate qui…
Nicosia: la carta intestata della Camera, cioè io sono Santo Sacco, pure qua dentro, capito, la carta intestata della Camera
Occhionero: gli è piaciuta?
Nicosia: ma certo, la carta intestata della Camera, gli potevo mandare una cosa così? Mi sono fatto dare un blocchetto di carta intestata Camera dei Deputati
Occhionero: bravo!
Nicosia: con la firma sotto perchè ho firmato tutte e due, gli ho messo onorevole … e lui questa cosa la porterà in giro come fidanzata …
Occhionero: Amoooreee (in senso di compassione per Sacco ndr)
NICOSIA: … come una fidanzata, sezione sezione. Io sono Santo Sacco, sono Santo Sacco anche in galera! Ed il primo Ministro è sempre a Castelvetrano … non si scherza (ride)
Occhionero: a posto … (ride)
Nicosia aveva anche sollecitato la deputata Occhionero ad attivarsi per far trasferire Sacco dalla Casa circondariale di Nuoro a quella di Roma perché, da tale trasferimento, per ragioni al momento incomprensibili, lei avrebbe potuto ottenere, sempre a detta di Nicosia, un servizio di scorta e così evitare le faticose trasferte in treno dal Molise – luogo di residenza della deputata – a Roma.
L’argomento era stato ripreso il 4 marzo di quest’anno, quando Nicosia aveva sollecitato nuovamente, e in modo sempre più insistente, la deputata a far trasferire Santo Sacco. Di questa iniziativa Nicosia aveva informato la sorella di Sacco, Rosanna, attraverso una serie di messaggi vocali che venivano registrati dalla microspia collocata nella sua auto.
In particolare chiedeva alla donna di riportare a Santo Sacco un messaggio con il quale si metteva a sua completa disposizione: “ma a Santo gli devi dire che se ha bisogno, che ha bisogno lui io sono a disposizione ma gli dici che lascia perdere la politica perché i detenuti non si devono occupare di politica e oltretutto lui eh… deve fare il bravo deve stare tranquillo e deve fare il bravo eh… se ha bisogno delle cose sue per i fatti suoi mi dice che cosa ha bisogno ed io lo aiuto” .
Il rapporto fra Nicosia e il mafioso di Castelvetrano era tanto stretto che tre giorni dopo, il 7 marzo 2019, la microspia collocata nella sua auto (l’ennesima presa a noleggio) ha registrato la sua voce che inoltrava a qualcuno, da lui chiamata “onorè” (e dunque verosimilmente identificabile in Giuseppina Occhionero), un messaggio vocale nel quale la redarguiva pesantemente, giungendo quasi a minacciarla, per alcuni commenti negativi che la donna aveva proferito su Santo Sacco: “Onore’ non parlare a matula onore’ non parlare a matula, già stai parlando a matula … Santo Sacco non sbaglia, Santo Sacco non sbaglia, Santo Sacco, il braccio destro del primo ministro, non sbaglia, non sbagliare a parlare tu invece, che non è giusta questa cosa, meno male che non ti sente perché per quest’ora dorme, alle tre si fa il riposino, perché altrimenti lo chiamerei per dire che cosa mi hai detto, non si fanno queste cose”.
Ne seguiva un altro: “Onore’ non è che fai finta che non capisci le cose e te le facciamo passare lisce a matula, a matula, a matula, parli a matula, a matula, a matula significa parli inutilmente, dici minchiate e non è permesso, non è permesso altrimenti il cous cous a Selinunte non te lo puoi mangiare manco se viene, lo capisci chi può venire, manco se… e manco se porti Bersani che tu dici che può fare tutte cose… a Selinunte cous cous non ne mangia nessuno, cioè non parlare a matula, trattalo bene lo zio Santo Sacco vedi che ti ha mandato pure la fotografia del giornale, la copia del giornale ti dice che non c’entrano più niente loro perché non so… non sono più al comando (ride) cioè Santo Sacco praticamente che è caduto in disgrazia”.
I contatti fra l’importante uomo d’onore castelvetranese e Nicosia sono proseguiti anche di recente: lo scorso 21 ottobre infatti, Santo Sacco è stato scarcerato e ha fatto rientro a Castelvetrano dove, lo scorso 26 ottobre, è stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno in quel comune.
Appena rientrato nella sua abitazione, nonostante le prescrizioni impostegli dall’applicazione della misura, Sacco ha ricevuto la visita del (pregiudicato) Nicosia. Nella tarda serata del 29 ottobre (e quindi tre giorni dopo l’arrivo di Sacco a Castelvetrano), infatti, Nicosia, previ contatti telefonici con la sorella di Sacco, Rosanna, si è recato a casa del sorvegliato speciale a Marinella di Selinunte. L’incontro tra i due è durato almeno una ventina di minuti.
Secondo i magistrati della Procura palermitana il progetto di Antonello Nicosia non era solo quello di continuare a mantenere i contatti con mafiosi detenuti ma anche quello, ben più ambizioso, di interferire nella gestione del sistema carcerario italiano per ridimensionarne la portata afflittiva come emergerebbe da una serie di intercettazioni registrate il 30 dicembre 2018, dopo le prime visite nelle carceri siciliane insieme alla parlamentare Occhionero.
In particolare, Nicosia in quella occasione aveva suggerito alla deputata di proporre un’interrogazione parlamentare, alla cui stesura avrebbe partecipato anche lui, sull’assetto degli Istituti penitenziari e di interloquire con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per promuovere una serie di iniziative volte ad attenuare i regimi carcerari più duri previsti dall’ordinamento, ad esempio quelli della cosiddetta “alta sicurezza”.
O: ma tu alle carceri hai scritto?
N: tu devi mandare l’e-mail … o …
O: no … mandala tu
N: la mando io come osservatorio (omissis..)
O: poi io scrivo … magari se comunque … non so …
N: no se tu fai un’interrogazione non c’è di bisogno … tu comunque metti all’attenzione del Ministro del DAP… poi quando andiamo il giorno… considera che quando andremo al DAP poi ci porteremo una copia, io già l’ho stampata quella tua corretta … perchè non andava hai sistemato quella cosa lì … c’era qualche sbavatura che bisognava … ora la rileggo … la rileggo e la correggo … dopodiché ce la portiamo … perchè comunque lì al DAP, nell’ufficio apposito possiamo intervenire … noi dobbiamo chiedere: la mappatura degli Istituti penitenziari dove ci sono i bambini detenuti … tutta la mappatura del 41 bis …. e chiedere al DAP di anticipare al Capo del DAP che comunque noi andremo al 41 per visitarlo … perchè qualcuno è stato respinto … poi chiederemo se può fare una telefonata … a Trapani per la riapertura … visto che non c’è la socialità … nei reparti di alta sicurezza … se può per favore riaprire autorizzando …
Sotto questo profilo Nicosia, espressamente e più volte, faceva riferimento a un vero e proprio “progetto” e alla necessità di trovare dei finanziatori. Emblematica l’intercettazione dello scorso 8 febbraio 2019 quando aveva inviato un messaggio vocale a un ignoto destinatario in cui auspicava il finanziamento del “progetto”, per un milione di euro, da parte di “Matteo”, da identificarsi (anche per le conversazioni registrate subito dopo, come si vedrà) certamente nel latitante Messina Denaro.
Nicosia: “giratevela a Matteo così mi finanzia il progetto, manda un milione di euro. Ringrazia… minchia ringrazia, così… ci vuole il contributo, il contributo dalla famiglia… per quello che faccio…”
La conferma che si trattasse proprio del boss latitante giungeva immediatamente dopo, quando la microspia sull’auto di Nicosia registrava ulteriori messaggi vocali inoltrati anche a Giuseppe Fontana, noto come Rocky, uomo di strettissima fiducia e amico storico di Messina Denaro con il quale è stato pure processato e condannato per aver fatto parte, a sua volta, della famiglia mafiosa di Castelvetrano.
Tutti i messaggi vocali, peraltro, venivano inviati dall’indagato, in sequenza, quando l’auto era ferma e Nicosia, stazionando al suo interno, aveva visualizzato poco prima un video relativo all’intervista rilasciata dall’avvocato Michele Capano, anch’egli appartenente al Movimento dei Radicali italiani, nel corso della trasmissione televisiva “Mezz’ora d’aria” da lui condotta.
L’intervista aveva avuto ad oggetto il cosiddetto “ergastolo bianco”, cioè la sottoposizione, dopo la completa espiazione della pena, a misura di sicurezza detentiva al regime previsto dall’art. 41 bis la cui scadenza, come noto, deve essere di volta in volta valutata dal Tribunale di sorveglianza all’esito del giudizio sull’attualità della pericolosità sociale. In quella situazione si trova ancora Filippo Guttadauro – cognato di Matteo Messina Denaro e condannato in via definitiva perché capo del mandamento di Castelvetrano – che è difeso da Capano.
Le condizioni di Guttadauro erano state oggetto anche di un dialogo, lo scorso 27 febbraio, fra lo stesso Nicosia e Giuseppa Gallo, amica di quest’ultimo e della famiglia di Guttadauro e, come detto, figlia e sorella di due mafiosi condannati e tuttora detenuti; nell’occasione, i due commentavano le condizioni dei familiari di Guttadauro e, in particolare, quelle di sua moglie, Rosalia Messina Denaro, e la caratura criminale di Matteo Messina Denaro.
Nicosia: “eh, eh … che suo fratello è sperto non c’è dubbio… suo fratello è sperto…ma suo fratello è uno solo però! Loro non sono come il fratello, il fratello è troppo sperto”. Nicosia si era recato insieme all’onorevole Giuseppina Occhionero nella Casa circondariale di Tolmezzo, dove si trovava (e si trova tuttora) Filippo Guttadauro, per fargli visita e e rassicurarlo del proprio impegno relativo alla sua “causa” proponendosi anche di presentare un’interrogazione parlamentare tramite la parlamentare.
Ed effettivamente, nella seduta della Camera dei Deputati del 7 marzo 2019, l’onorevole Occhionero ha presentato un’interrogazione parlamentare nella quale ha esposto la criticità strutturale del carcere di Tolmezzo in cui i locali destinati alla casa lavoro erano coincidenti con quelli detentivi nonostante fossero destinati a finalità ben diverse.
Occhionero, nel corso della stessa interrogazione, aveva fatto anche riferimento alla specifica situazione in cui si trovavano i soggetti internati nella casa lavoro e pure sottoposti al 41 bis, situazione in cui si trova Filippo Guttadauro.
Peraltro, che le sorti della famiglia Messina Denaro stessero a cuore al Nicosia è emerso anche da altre conversazioni intercettate, dalle quali poteva agevolmente comprendersi che l’empatia che legava lo stesso Nicosia a quella famiglia non era solo quella relativa alle condizioni detentive dei suoi numerosi componenti (a tutt’oggi detenuti nelle carceri italiane) ma riguardava, anche e soprattutto, il più importante rappresentante.
Il 25 marzo 2019 la microspia sull’auto noleggiata da Nicosia registrava la voce di quest’ultimo, che inviava un messaggio vocale, con destinatario forse ancora una volta l’onorevole Occhionero, in cui invocava “San Matteo”, riferendosi al latitante Matteo Messina Denaro.
Nicosia: “noi preghiamo San Matteo…tutti i Matteo…tutti…tutti tutti…tutti…quelli buoni quelli cattivi…tutti i Matteo…San Matteo proteggici…proteggici San Matteo…mai contro a San Matteo…mai contro a San Matteo…Onorevole Occhionero…mai mai si deve dire che siamo stati contro San Matteo, non si può sapere mai…mai contro a San Matteo, per ora c’è San Matteo che comanda e noi siamo, preghiamo San Matteo…grazie San Matteo per quello che ci dai tutti i giorni…grazie…grazie…grazie” .
Nel corso di altre conversazioni è emerso che Nicosia, a un certo punto, per realizzare i propri ambiziosi (e illeciti) progetti aveva provato a cercare nuovi sponsor politici, anche in ragione del fatto che i rapporti con la Occhionero lo avrebbero inevitabilmente associato al gruppo politico capeggiato dal senatore Pietro Grasso (leader di “Liberi e Uguali”), il che lo avrebbe messo in difficoltà con l’associazione mafiosa.
Di ciò si aveva contezza innanzitutto da una conversazione fra lui e Accursio Dimino, registrata il 28 febbraio 2019 all’interno della sua auto. Iil dialogo era immediatamente successivo a un incontro fra i due e l’agrigentina Vanessa Sgarito, candidata alle elezioni politiche del 2018 nelle liste di “Forza Italia” per i collegi di Agrigento e Caserta e poi non eletta. Nicosia riferiva a Dimino di voler sostituire la “deputata di Grasso”:
A questo punto l’uomo d’onore Dimino metteva in guardia Nicosia circa i rischi dei rapporti con la “deputata di Grasso” per il rischio di avere rapporti con un ex magistrato notoriamente impegnato, professionalmente e politicamente, sul fronte antimafia. Entrambi convenivano che un’altra delle ragioni per le quali si rendeva ormai necessario per Nicosia “cambiare casacca” era che il senatore Grasso potesse scoprire il suo pesante trascorso giudiziario e, dunque, non solo estrometterlo da qualsiasi incarico e collaborazione con la deputata Occhionero ma “farlo fuori” da ogni ambiente politico.
A quel punto Nicosia rivelava a Dimino che già si stava “muovendo” proprio nel timore che, da un momento all’altro, Grasso potesse “informarsi” e scoprire, oltre alla propria adesione al movimento politico dei Radicali, ideologicamente distante dal partito del senatore Grasso, “altre cose”.
Il profondo disprezzo nutrito da Nicosia nei confronti dei magistrati che si occupano di criminalità organizzata è emerso, in tutta la sua portata, nel corso di una conversazione dello scorso 11 febbraio.
Nicosia, a bordo dell’ennesima vettura noleggiata, si trovava nei pressi dell’aeroporto di Palermo – Punta Raisi insieme ad Alessio Di Carlo, esponente nazionale del movimento dei Radicali italiani. Nel commentare l’intitolazione dello scalo ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, aveva affermato, senza mezzi termini e al sorpreso Di Carlo, che bisognava “cambiare il nome”:
Nicosia: All’aeroporto bisogna cambiare il nome eh!
Di Carlo: Beh, ma questo non è Falcone e Borsellino adesso? Perché vuoi cambiare il nome?
Nicosia: Bisogna cambiarlo
Di Carlo, a questo punto, ipotizzava che la ragione del cambiamento prospettato da Nicosia si fondasse sulla considerazione che i due nomi potessero evocare la mafia e quindi essere dannosi per l’immagine della Sicilia.
Di Carlo: Non va bene Falcone e Borsellino? Dici perché evocano la mafia …
Agghiacciante la risposta del Nicosia: ma perché dobbiamo spiegare chi sono scusami, perché dobbiamo sempre mescolare la stessa merda
Nicosia: … Poi non è che è detto che sono vittime … di che cosa? Di … sono incidente sul lavoro no?
Di Carlo: Beh insomma
Nicosia: Ma poi quello là non era manco magistrato quando è stato ammazzato Falcone. Aveva già un incarico politico
Di Carlo: Non esercitava
Nicosia: Non esercitava
Di Carlo: Non esercitava funzioni giudiziarie, esercitava funzioni amministrative, politico amministrative
Nicosia: Scusa perché non si dovrebbe chiamare Luigi Pirandello o Leonardo Sciascia visto che gli altri si chiamano Leonardo Da Vinci, Marco Polo eh?
Di Carlo: Si
Nicosia: Eh? E che cazzo va, e che minchia
Tornando ai motivi per i quali Nicosia avrebbe voluto instaurare collaborazioni analoghe con altri deputati della Repubblica, questi risiedevano anche nel fatto che la deputata Occhionero si era mostrata poco propensa a scendere a compromessi. Nicosia le aveva proposto di farsi corrispondere del denaro dai titolari di una cooperativa che, all’interno della Casa circondariale della Giudecca a Venezia, gestiva la Sezione in cui erano detenute le donne madri; all’esito di un’ispezione, infatti, Nicosia e Occhionero avrebbero riscontrato una serie di irregolarità e il primo aveva proposto alla parlamentare di chiedere del denaro per modificare il contenuto della relazione che avrebbero dovuto redigere.
Nicosia ne aveva parlato anche all’avvocato Michele Capano e dal dialogo intercorso si comprendeva che Occhionero aveva rifiutato la proposta.
Nella seduta della Camera dei Deputati del 7 marzo 2019, Occhionero ha presentato due interrogazioni parlamentari in cui ha esposto una serie di carenze e disfunzioni sia della sezione di quella struttura penitenziaria in cui sono ristrette le detenute madri sia relative alla ICAM che vi opera, oggetto proprio dei commenti di Nicosia registrati soltanto qualche giorno prima rispetto alla seduta.
Il rapporto fra Nicosia e Occhionero si è interrotto nel maggio 2019 e non per volontà dell’indagato. Nicosia ricevette, infatti, una telefonata via whatsapp da una donna (verosimilmente Occhionero), messa in viva voce, da cui si apprendeva che costei, attraverso canali allo stato ignoti, era venuta a conoscenza di alcune circostanze raccontatele da Nicosia da lei ritenute non vere e, in particolare, dell’incarico di docente universitario da lei contestate all’indagato come inesistente.
Ieri pomeriggio la deputata è giunta a Palermo per essere ascoltata in qualità di persona informata sui fatti dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Geri Ferrara e Francesca Dessì. Un’audizione durata due ore. Intanto i Carabinieri hanno avuto incarico di acquisire alla Camera dei deputati la documentazione sul rapporto professionale con Nicosia.